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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2010 alle ore 14:49.
di Roberto Casati
Herbert Simon, il primo psicologo a ottenere il premio Nobel per l'economia, grande esploratore dei limiti della ragione, si atteneva a una semplice ricetta: non leggeva i giornali, non ascoltava la radio e non guardava la televisione. Pura razionalità: tanto, diceva, se fosse successo qualcosa di veramente importante i suoi amici gli avrebbero telefonato per avvertirlo. Quando si tratta di proteggere il silenzio interiore sembrerebbe che ogni arma sia lecita. Ma le esortazioni alla purezza e alla santità non sono veramente parte del gioco; anche perché, salvo ingenuità dell'ultima ora, non è per tenerci informati che ascoltiamo la radio e guardiamo la televisione.
È Ulisse che ci ha insegnato come difendersi dal richiamo delle sirene, a mettere in atto strategie più leggere per aiutare la razionalità periclitante tenendo per l'appunto conto dei suoi fragili limiti. Ci sono già sul mercato dei programmi per la gestione dell'attenzione: bloccano gli aggiornamenti di Facebook, filtrano gli allarmi delle chat, scollegano la posta; quelli veramente radicali, tra cui uno dal nome assai eloquente di Freedom, chiedono per quante ore si vuol restare senza internet; e una volta deciso, se si cambia idea l'unico modo di ricollegarsi è assai costoso e scoraggiante, devi spegnere e riaccendere il computer. È stata anche misurata la produttività delle persone che sono in grado di tenersi alla larga dai potenti distrattori-attrattori della vita elettronica, e i risultati si vedono rispetto a chi tiene sempre protese tutte le antenne. Ma certo la questione si pone ormai in termini assai diversi di fronte alla nuova frontiera digitale, che ci propone un oggetto che non serve affatto a produrre.
La trasformazione concettuale che l'iPad porta sulla scena della tecnologia di massa è tanto semplice quanto radicale. Finora i computer erano prevalentemente se non esclusivamente strumenti di produzione intellettuale. Per la prima volta incontriamo un computer che è uno strumento prevalentemente di consumo intellettuale. Lo vediamo dalle immagini scelte per la campagna pubblicitaria: soggettiva dell'utilizzatore, vestiti confortevoli, gambe accavallate, la tavoletta in grembo pregna di mille colorate promesse. Lo vediamo dall'ergonomia dell'iPad, che per l'appunto è tutta orientata al consumo e ostenta scarso interesse per la produzione. La tastiera, tanto per fare un esempio. La si può invocare sullo schermo tattile e funziona certo a meraviglia, ma occupa una porzione rilevante dello schermo e lascia quindi poco spazio per controllare quello che si è scritto al di là di un orizzonte di poche righe. Questo va benissimo se si vuole comporre una mail di saluti o un tweet, ma per produzioni intellettuali di più ampio respiro ci si ritrova con le difficoltà note a chi usava le prime videoscriventi negli anni 80 del secolo scorso.