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Cultura-Domenica Libri

«Stitches», così il fumetto sboccia dalla malattia e dal silenzio

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2010 alle ore 13:43.

C'è qualcosa di perverso e di stupendo insieme nell'ampia graphic novel di David Small, fresca di uscita per Rizzoli Lizard. Autobiografia a fumetti e romanzo di formazione al contrario, nella miglior tradizione americana di disfunctional families fiction, «Stitches» incanta il lettore fin dalle prime pagine, per il tratto ruvido e feroce.

La storia parte con una panoramica dall'alto di Detroit, che si chiude nella casa di Small. Il primo commento è anche il leitmotiv dell'intero lavoro: «Ecco il suo linguaggio». Armadietti sbattuti, tosse e isolamento per la madre - ecco il suo linguaggio. Il rumore del punching ball per il padre e della batteria per il fratello Ted - ecco il loro linguaggio. E il piccolo David? «Anch'io avevo imparato ad esprimermi senza bisogno di parole. Mi ammalavo, ecco il mio linguaggio».

Il piccolo David passa un'infanzia solitaria, immersa in una ambiente familiare di enorme violenza psicologica e disamore, che trova il culmine proprio in questa malattia e nel disinteresse totale da parte dei genitori. All'inizio sembra una cisti sebacea sul collo. Un amico del padre di David dice che non è nulla di grave, ma consiglia di operare entro un anno. Ne passano tre e mezzo. Alla prima operazione ne segue una seconda e, «al risveglio dall'operazione n. 2, avevo una corda vocale sola, e con una corda vocale sola il suono che ne esce è... ack». Ack. E ventinove punti di sutura sul collo. La verità - come scoprirà spiando una lettera della madre alla nonna - è che aveva il cancro, e gli è sempre stato taciuto.

Da quel momento, David non potrà più parlare. Non avrà altro linguaggio se non i gesti, le espressioni del viso e la diversità: senza voce, David viene privato della stessa esistenza. Non solo in famiglia - dove se possibile è ancora più isolato - ma anche a scuola e con gli amici. Comincia a saltare le lezioni. Viene spedito in un college maschile da cui fugge per tre volte. Al suo rientro a casa ha ritrovato un filo di voce, ma nessun tipo di amore. «Non hai niente da dire?», gli chiede la madre in un primissimo piano di enorme crudeltà. «Niente, di tutti i soldi che abbiamo speso?» «E voi? Non avete niente da dirmi, voi?» sussurra David.

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Tags Correlati: Ben Templesmith | Cultura | David Small | Rizzoli | Will Eisner

 

Ci sarà ancora qualcosa da dire, fino a una sconvolgente rivelazione finale, ma noi possiamo fermarci qui e lasciare il resto al lettore.

Le chine di Small sono semplici solo all'apparenza. Ci vuole tempo per apprezzare la sua devozione per i dettagli, le tavole interamente silenziose che «realizzano» direttamente il mutismo di David: il bianco e nero senza sbavature, il tocco attento nelle ombre, la precisione delle espressioni e un certo tono surreale che si insinua qui e là, anche a livello grafico. Nei momenti migliori, sembra un incrocio fra Gipi, Ben Templesmith e Will Eisner.
Ma soprattutto, è uno stile che si pone interamente al servizio della storia, costruendo una narrazione che procede per spinte continue, sequenze di forza crescente e dolorosi momenti di stasi e solitudine.

Così Small, senza nessuna concessione alla retorica e senza paura di choccare il lettore, costruisce di pagina in pagina il vangelo della sua biografia. Una famiglia crudele e silenziosa, figlia di una generazione crudele e silenziosa, dalla quale David è condannato a una malattia tragicamente coerente. Raddoppiare il silenzio, renderlo eterno.
Ma è da questo mutismo che sboccerà, come un fiore, la sua arte. Il suo vero linguaggio: disegnare, e con il disegno salvare la propria storia. E la propria vita.


«Stitches» di David Small
Rizzoli Lizard, 336 pagine, 19,90 euro
Candidato agli Eisner Award 2010 come Best Reality-Based Work e Best Writer/Artist - NonFiction

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