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Cultura-Domenica Musica

Scorsese torna al rock: in arrivo un documentario su George Harrison

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2010 alle ore 10:29.

Beatlesiani di tutto il mondo, occhio alle uscite cinematografiche di inizio 2011. È annunciata, infatti, per i primi mesi del nuovo anno l'uscita di «Living in the material world», il documentario su George «the quiet one» Harrison, a firma nientemeno che di Martin Scorsese. Molto probabilmente la vetrina internazionale prescelta per il lancio sarà quella del Festival di Cannes, la stessa in cui quest'anno il regista di «Taxi Driver» ha sciolto ogni riserbo sull'opera che sarebbe già pronta per tre quarti, considerando che la lavorazione è andata avanti in parallelo con «Shutter Island».

Sulla Croisette il cineasta italoamericano c'era andato, tra le altre cose, proprio a caccia di distributori per lo stesso rockumentary, come non mancò di segnalare «Variety», la bibbia made in Usa degli addetti ai lavori dello spettacolo. Il titolo è lo stesso dell'album solista che il cosiddetto «Beatle tranquillo» realizzò nel 1973, disco intriso di spiritualità orientaleggiante (come dimenticare l'apripista «Give me love/ Give me peace on Earth»!). L'intenzione di Scorsese, in tutto e per tutto supportato dalla vedova di Harrison, Olivia, è appunto quella di documentare la ricerca, da parte della originalissima rockstar, di un equilibrio tra successo planetario e serenità spirituale. Argomenti, d'altra parte, cari al regista di «Mean streets». «Sono cresciuto cattolico - ha detto a maggio scorso a Cannes - e volevo diventare prete. Certi temi, quindi, non mi hanno mai lasciato. Più ti immergi nel mondo materiale, più cerchi la serenità».

Ovviamente ci sarà tanta musica nel documentario. «La musica di Harrison - ha spiegato Scorsese - mi sta molto a cuore. Sono interessato alla sua creatività artistica. Il film è un'esplorazione sul suo viaggio come musicista. Vorrei che fosse lo sviluppo della sua musica a narrare la storia, se ci riesco». Mica per caso nel '90, nella colonna sonora di «Quei bravi ragazzi», imperversava il riff di «What is life». L'opera attingerà a piene mani dagli archivi di casa Harrison, che Olivia ha letteralmente spalancato al filmmaker statunitense, mettendo a disposizione nastri, filmati e fotografie. Non mancheranno poi illustri testimonianze esclusive su George e la sua arte: dagli interventi dei Beatles superstiti Paul McCartney e Ringo Starr, a quelli della vedova di John Lennon, Yoko Ono, dal guitar hero, Eric Clapton (che con Harrison ha spesso e volentieri diviso palco e donne), al controverso inventore del Wall of sound, Phil Spector, che produsse George in più occasioni, passando per l'ex Monty Python, nonché grande amico del chitarrista dei Fab, Eric Idle.

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Tags Correlati: Band | Cannes | Earth | Eric Clapton | Eric Idle | George Harrison | Liza Minelli | Martin Scorsese | Muddy Waters | Musica | Phil Spector | Ringo Starr | Rolling Stones | Stati Uniti d'America | The Beatles

 

Intimo e di lungo corso è il rapporto che lega Scorsese alla musica. Tra il '69 e il '70, quando aveva meno di trent'anni, fu assistente alla regia e si occupò del montaggio di «Woodstock», pietra miliare del moderno rockumentary. Sei anni più tardi, nell'epico «The Last Waltz», documenterà l'ultima esibizione di the Band mettendo sul palco, intorno al gruppo di Robbie Robertson, il gotha di country, blues e rock (Bob Dylan, Neil Young, Joni Mitchell e Van Morrison, per citarne solo alcuni). Il tutto senza disdegnare musical mainstream come «New York, New York» (1977), con Liza Minelli e il suo attore feticcio Robert De Niro. Negli anni Ottanta si è concesso il videoclip da 2,2 milioni di dollari per la commerciale «Bad» di Michael Jackson e quello della pregevole «Somewhere down the crazy river», ancora per l'amico Robbie Robertson.

È tuttavia con il nuovo millennio che l'autore di «Toro scatenato» si dedica alla sua passione musicale con ancora maggiore dedizione: prima la partecipazione al progetto collettivo «The Blues» con il documentario «Dal Mali al Mississipi» (2003) che ricongiunge la musica di John Lee Hooker e Muddy Waters all'Africa nera di Ali Farka Toure e Salif Keita; poi il monumentale «No direction home» (2005) sul periodo di maggiore creatività artistica di Bob Dylan; quindi le riprese del live dei Rolling Stones al Beacon Theater di New York per «Shine a light» (2008). Chi conosce la filmografia di Scorsese, sa del resto con quanta maestria il cineasta italoamericano utilizzi il sogbook rock per le sue colonne sonore (da pelle d'oca la stonesiana «Gimme Shelter», in «Mean Streets»!). Come dire: a un curriculum del genere mancavano giusto i Beatles. Ancora pochi mesi e anche quest'altra pagina di storia sarà scritta.

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