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Cultura-Domenica Archivio

I suoi tormenti, che passione!

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 14:25.

Una mole di documenti cresciuta in molti anni di ricerche riguarda non soltanto l'attività come pittore di Caravaggio. A far conoscere la famiglia e gli anni lombardi hanno contribuito soprattutto l'indimenticabile Mia Cinotti, Giacomo Berra e Mario Comincini, e della sua presenza a Roma, a Napoli, a Malta e in Sicilia sono emerse molte notizie che ha riunito e sta di nuovo riunendo Stefania Macioce. Il costante lavoro delle ricerche documentarie trova una spiegazione nell'importanza di Caravaggio nell'arte dell'Occidente non meno che nel periodo storico in cui visse. Ma l'interesse per le sue vicende personali è altrettanto vivo.

Perché siamo tanto ansiosi di saperne di più? La pubblicazione di Bertolotti degli atti processuali e criminali risalente agli anni ottanta dell'Ottocento ha contribuito indubbiamente a proiettare la sua figura sullo sfondo della Roma degli anni tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento da un punto di vista fortemente condizionante e atto a suscitare la curiosità. Come reazione all'intento post-romantico di creare un personaggio con una storia ricca di luci e ombre è però prevalsa negli studi la tendenza a distinguere giustamente la genesi delle sue opere dalle vicende della sua vita e a respingere in particolare il rapporto di causa-effetto che si poteva stabilire tra l'omicidio che lo costrinse a fuggire da Roma e il tragico pessimismo delle opere degli anni che seguirono. Al di là delle prime osservazioni raccolte da Van Mander contro il suo metodo «di tenere il vero davanti a sé e di seguire la natura» e delle critiche distruttive del mondo accademico conclusesi con la condanna di Bellori, apparve subito evidente con lui vivo e operante l'eccezionalità del genio di Caravaggio, se a Roma trovò l'interesse di alcuni tra i più illuminati committenti e mecenati, il cardinal Del Monte e Vincenzo Giustiniani, e a Malta del Gran Maestro Alof de Wignacourt, e la protezione di personaggi come la marchesa di Caravaggio e i suoi parenti Colonna e Doria. Ma alle opere pubbliche e a quelle di destinazione privata che si presentano, come si è visto alla mostra romana, quali singoli e potenti messaggi, si accompagna la sequenza delle sue intemperanze e delle sue cadute e sconfitte, e gli episodi di una vita violenta nelle strade popolari di Roma.

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Tags Correlati: Borromeo | Caravaggio | Ciriaco Mattei | Cultura | Giacomo Berra | Malta | Mario Comincini | Mia Cinotti | Roma | Stefania Macioce | Van Mander | Vincenzo Giustiniani

 

Nelle sue manifestazioni la vita di Caravaggio appare come quella di un disadattato e, più che di un contestatario come si è voluto, di una vittima della sua visione senza scampo della realtà, che si è negata alle favole e ai miti e persino all'erotismo e nella pittura alle seduzioni materiche. Cresciuto nell'ambiente lombardo dei Borromeo, Caravaggio ha ereditato le esplorazioni della psiche, il nuovo senso delle responsabilità morali che furono l'aspetto più moderno e non solo confessionale della Controriforma. La sua dichiarazione degli anni siciliani, «i miei peccati sono tutti mortali», lo attesta. Dopo le prime opere che dimostrarono a Del Monte la sua maestria nell'uso dell'ottica e il suo nuovo metodo esecutivo mediante le lenti e gli specchi, partendo dai temi cristologici post mortem dipinti per Ciriaco Mattei i protagonisti dei suoi quadri sacri impersonano la storia degli uomini, nelle sue crudeltà e ingiustizie e nelle sue dolcezze (penso ispirate a un forte legame con la madre perduta anzitempo), e nei suoi santi si è sollecitati a vedere riflessi autobiografici. La verità e la componente soggettiva delle pitture di Caravaggio attraggono ancora oggi e le rendono attuali come espressioni di una vicenda interiore e vissuta: è dunque legittimo vedere le sue opere in rapporto con la sua vita e con la sua morte.

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