Credendosi prossimo a realizzare il desiderio di far ritorno nella città papale, nell'estate del 1610 il pittore s'era imbarcato su una feluca diretta verso lo Stato pontificio, portando con sé il salvacondotto del cardinale Ferdinando Gonzaga e alcuni quadri per il cardinale Borghese, nipote di papa Paolo V, in segno di gratitudine per la concessione della grazia: tre tele raffiguranti due San Giovanni Battista (uno è il nostro dipinto, l'altro è sfuggito all'identificazione) e una Maddalena, da alcuni riconosciuta nella cosiddetta «Maddalena Klain». Al momento di giungere a Palo, fra Civitavecchia e la foce del Tevere, intorno al 10 o 11 luglio, la feluca viene fermata e Caravaggio trattenuto per accertamenti dal capitano della fortezza, perché il suo nome figurava tra i ricercati. È possibile che l'artista abbia dovuto sborsare una grossa somma di denaro per riacquistare la propria libertà, ritrovandosi tuttavia in un posto di frontiera desolato e malsano.
A sua insaputa, la nave era ripartita da Palo alla volta di Porto Ercole, con a bordo tutti i suoi averi, compresi i dipinti destinati al cardinale Borghese. Riuscito a raggiungere fortunosamente il porto maremmano, Caravaggio trovò l'ultima fatale sorpresa: l'imbarcazione aveva salpato definitivamente le ancore da Porto Ercole, per far ritorno a Napoli. Stremato e febbricitante, il pittore morì il 18 luglio 1610, probabilmente nell'ospedale della Compagnia della Santa Croce. Il suo decesso è registrato in un promemoria scritto dal cancelliere della Compagnia conservato nei Capitoli della Collegiata di Sant'Erasmo, che riporta: «A li 18 luglio 1609 nel'ospitale di S. Maria Ausiliatrice / morse Michelangelo Marisi da Caravaggio, dipintore / per malattia». L'indicazione dell'anno 1609 (e non 1610) si deve alla cronologia vigente nel Grossetano, che, come nel contado senese, faceva iniziare l'anno l'8 settembre: resta quindi confermata la tradizionale data del 18 luglio 1610, attestata dalle fonti.
I quadri a bordo della feluca rientrarono a Napoli, ove già a poche settimane di distanza dalla morte del loro autore scoppiava una disputa inerente la loro proprietà. Il contenzioso sul San Giovannino Borghese è testimoniato dal carteggio epistolare, datato luglio-agosto 1610, tra Deodato Gentile, vescovo di Caserta e nunzio apostolico a Napoli, e Scipione Borghese, committente dell'opera. Dall'epistolario trapela la concitazione delle vicende seguite alla morte di Caravaggio – allorché protettori e ammiratori dell'artista fecero a gara per entrare in possesso delle sue ultime opere – e che vide contrapposti l'Ordine di Malta, il cardinale Scipione Borghese, il conte di Lemos, viceré di Napoli, e Costanza Colonna, marchesa di Caravaggio. Le tre tele furono inizialmente consegnate alla marchesa Colonna, ma poi poste sotto sequestro da Vincenzo Carafa, priore di Capua, col pretesto della loro appartenenza all'Ordine dei cavalieri di Malta. Tuttavia, una volta privati i cavalieri del "diritto allo spoglio" e restituiti gli effetti personali dell'artista, venne stabilita l'assegnazione dei quadri ai legittimi proprietari: per la Maddalena fu confermato il legittimo possesso della famiglia Colonna, il San Giovanni Battista giunse nelle mani di Scipione Borghese per il quale era stato eseguito (nella sua collezione risulta infatti registrato già nell'agosto 1611, per poi passare in possesso dello Stato italiano insieme con il resto della raccolta d'arte nel 1902), mentre non rimane traccia del secondo San Giovannino, il quale forse non aveva alcun proprietario, come sembra dimostrare il fatto che esso venne reclamato e poi incamerato dal viceré di Napoli.
Uscita definitivamente di scena la turbolenta e per alcuni tratti problematica personalità di Caravaggio, il possesso del San Giovannino Borghese da parte del cardinale Scipione venne dunque legittimato dalla commissione ricevuta dall'illustre e potentissimo cardinale, una delle figure di maggior rilievo nel campo del mecenatismo d'arte. Più d'uno studioso è concorde con l'opinione espressa da Maurizio Calvesi, secondo il quale la tela col Battista è da mettere in rapporto con il drammatico David con la testa di Golia oggi nella stessa Galleria Borghese, in quanto entrambi eseguiti a Napoli nel 1609-1610 e inviati da Caravaggio al papa Paolo V come richiesta di grazia per l'omicidio del Tomassoni (nel David Caravaggio si autoritrae nelle orripilanti e devastate sembianze di Golia, simbolo del peccato). Degno di nota è inoltre il confronto tra alcuni tratti fisionomici (particolarmente nell'ovale della testa) delle due figure, confronto che ha fatto supporre per il David l'utilizzo dello stesso modello che ha posato per il nostro dipinto. Il San Giovanni volge tuttavia allo spettatore uno sguardo piuttosto malinconico, adagiato sul drappo scarlatto, mentre l'ariete è visto di spalle, mentre bruca le foglie di vite sullo sfondo. Molteplici riferimenti stilistici a opere di poco precedenti o contemporanee confermano la datazione della tela all'ultimo periodo dell'attività di Caravaggio, tra l'ottobre 1609 e il luglio 1610. Risalta l'eccezionale invenzione compositiva del dipinto che ha caratteri di forte sensualità. Il Battista fanciullo è rappresentato disteso, più che seduto, su un ampio drappo rosso che è il suo mantello e che copre una sorta di sedile naturale.
Il giovane poggia il piede sinistro su un tronco tagliato e il rispettivo braccio sulla improvvisata spalliera, ponendovi sopra la mano destra come per aiutarsi a sostenere la lunga canna che regge con la mano sinistra. È quasi interamente nudo, salvo il panno bianco che nasconde l'inguine avvolgendo il fianco sinistro e scendendo sulla coscia destra. Lo sguardo è rivolto a chi guarda. Alla sua destra è rappresentato un ariete, colto nell'atto di brucare dei pampini della vite che si inerpica sulle rocce dello sfondo. Sul limite inferiore del piano visivo sono dipinte due piante di tasso barbasso, simbolo di morte, spesso utilizzate da Caravaggio nei soggetti di arte sacra. In questa come in altre figure di san Giovannino la massiccia figura dell'ariete sostituisce l'agnello, certamente più consueto alla raffigurazione del Battista. L'animale, per il fatto di rosicchiare i pampini di vite, è stato interpretato come simbologia del Divino Amore che si nutre del sacrificio di Cristo, oppure – come ha sottolineato più puntualmente Calvesi, che ne rileva le analogie con il San Giovanni Battista della Pinacoteca Capitolina – come allegoria della Croce della Redenzione, mentre le foglie di vite indicherebbero la Vita Eterna.
Secondo una diversa lettura, l'ariete – che rappresenta il Divino Amore – si nutre della vite, simbolo del sacrificio di Cristo. Contro l'opinione degli altri si delinea invece il parere di Howard Hibbard, il quale, sottolineando proprio il "calo di tensione" e la più accentuata inflessione malinconica rispetto ad altri dipinti, interpreta il soggetto come semplice pretesto formale sfruttato dall'artista per dar prova d'abilità nella raffigurazione del nudo virile. Dall'analisi delle indagini radiografiche condotte sul dipinto emerge come il fondo sia stato lasciato abbozzato, quasi allo stato preparatorio. Incisioni sono presenti nell'omero e nell'avambraccio sinistri e nei bordi del braccio destro, mentre si notano alcune "correzioni": la curva dei capelli è stata ridotta, come anche le ultime tre dita del piede destro; il viso, il polpaccio, il fianco, la spalla e il petto destri sono stati ampliati. Il ciuffo di capelli sulla fronte e il perizoma sono stati eseguiti con la consueta sovrapposizione di strati pittorici che è tipica – quasi una firma – del modus operandi di Caravaggio.
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LA BIOGRAFIA
1571-1610
1571
1 Il 29 settembre 1571, Michelangelo nasce a Milano da Fermo Merisi e da Lucia Aratori. Nel 1577 muoiono di peste il padre e un fratello di Michelangelo che, con il resto della famiglia, si trasferisce a Caravaggio. 1584
1 Nel 1584 il giovane Michelangelo Merisi diventa, apprendista nella bottega milanese di Simone Peterzano, pittore bergamasco che si definiva allievo di Tiziano. Il tirocinio dura fino al 1588. 1590
1 Il 1590 è per Caravaggio un anno doloroso: muore la madre Lucia Aratori. L'artista riceve la sua parte di eredità e decide di partire per Roma, la città che, grazie al mecenatismo papale, offre agli artisti grandi possibilità di lavoro. 1610: gli ultimi giorni
Napoli: la partenza
Dopo la fuga da Malta (1608) e le peregrinazioni in Sicilia (1609), nei primi mesi del 1610 Caravaggio torna a Napoli. Qui lavora assiduamente per collezionisti locali ed esteri, come il principe Marcantonio Doria, per il quale realizza il Martirio di Sant'Orsola, una tela che verrà spedita da Napoli a Genova via mare coi colori ancora freschi. L'ultimo soggiorno napoletano di Caravaggio è però pieno di insidie. Il pittore è infatti braccato dai cavalieri di Malta che lo inseguono da quando ha lasciato l'isola senza autorizzazione. Il ferimento del pittore al volto in un agguato per le vie del centro ha forse i cavalieri come mandanti. Caravaggio è in pericolo e si mette al sicuro tra le solide mura del Palazzo Cellamare a Chiaia, sotto la tutela della marchesa Costanza Colonna, sua antica protettrice.
A questo punto il pittore comprende che la sua salvezza è legata al perdono papale, e dalla sede di Palazzo Cellamare provvede a far recapitare a papa Paolo V Borghese una richiesta di grazia, auspicando di veder scontata la pena durante i tre lunghi anni di esilio e prospettando di poter finalmente far ritorno a Roma. Quando ha sentore che la grazia sia imminente si imbarca a Chiaia su una barca di linea (la celebre feluca) diretta nello Stato dei Presidi all'Argentario.
Palo: la sosta forzata
Per ragioni giudiziarie Caravaggio non può rientrare a Roma direttamente da Napoli via terra: deve passare per lo Stato dei Presidi, nel Grossetano, che sono un protettorato spagnolo. Per questo si imbarca sulla feluca diretta a Porto Ercole, portando con sé il salvacondotto del cardinale Ferdinando Gonzaga e alcuni quadri per il cardinale Borghese, nipote di papa Paolo V, in segno di gratitudine per la concessione della grazia: tre tele raffiguranti due San Giovanni Battista (uno è il dipinto Borghese, l'altro non è stato ancora identificato) e una Maddalena, da alcuni riconosciuta nella cosiddetta «Maddalena Klain».
Tra il 10 e l'11 di luglio la feluca sta passando davanti a Palo, fra la foce del Tevere e Civitavecchia: la barca viene fermata dalle milizie pontificie e Caravaggio è trattenuto per accertamenti dal capitano della fortezza, perché il suo nome figura tra i ricercati. Il Merisi
resta in prigione solo due giorni ed è probabile che abbia dovuto sborsare una grossa somma per riacquistare la propria libertà. Ma, tornato a piede libero, il pittore si accorge drammaticamente che
la feluca con tutti i suoi averi ha già ripreso il mare verso nord alla volta di Porto Ercole.Porto Ercole: la morte In preda alla disperazione per la perdita dei quadri, il pittore si mette a correre per chilometri sulla spiaggia tirrenica nella speranza di avvistare la feluca. Dopo una settimana di cammino «sotto la sferza del Sol leone» e potendo forse contare su qualche passaggio in barche di pescatori, il pittore raggiunse fortunosamente il porto maremmano. Ma qui Caravaggio trovò l'ultima fatale sorpresa: la feluca con a bordo i suoi quadri aveva già levato le ancore da Porto Ercole per far ritorno a Napoli. Disperato, stremato e febbricitante, il pittore morì il 18 luglio 1610. Il suo decesso è registrato in un promemoria scritto dal cancelliere della Compagnia conservato nei Capitoli della Collegiata di Sant'Erasmo, che così riporta: «A li 18 luglio 1609 nell'ospitale di S. Maria Ausiliatrice / morse Michelangelo Marisi da Caravaggio, dipintore / per malattia». L'indicazione dell'anno 1609 (e non 1610) si deve alla cronologia vigente nel Grossetano, che, come nel contado senese, faceva iniziare l'anno l'8 settembre: resta quindi confermata la tradizionale data del 18 luglio 1610. Monte Argentario. La veduta della rada di Porto Ercole dove Caravaggio si spense a 39 anni il 18 luglio 1610 Roma: l'eredità Mentre Caravaggio si spegne a Porto Ercole, i quadri a bordo della feluca rientrano a Napoli, dove subito scoppia la disputa sulla loro proprietà. Il contenzioso sul San Giovannino Borghese è testimoniato dal carteggio del luglio-agosto 1610 tra Deodato Gentile (nunzio apostolico a Napoli) e Scipione Borghese (committente dell'opera). Dall'epistolario trapelano le rivalità tra protettori e ammiratori dell'artista per entrare in possesso delle sue ultime opere, rivalità che vide contrapposti l'Ordine di Malta, il cardinale Scipione Borghese, il conte di Lemos, viceré di Napoli, e Costanza Colonna, marchesa di Caravaggio. Le tre tele furono inizialmente consegnate alla marchesa Colonna, ma poi poste sotto sequestro da Vincenzo Carafa col pretesto della loro appartenenza all'Ordine di Malta. Tuttavia, una volta privati i cavalieri del "diritto allo spoglio" e restituiti gli effetti personali dell'artista, venne stabilita l'assegnazione dei quadri: per la Maddalena fu confermato il legittimo possesso della famiglia Colonna, il San Giovanni Battista giunse nelle mani di Scipione Borghese per il quale era stato eseguito (nella sua collezione risulta registrato già nell'agosto 1611) mentre non rimane traccia della sorte del secondo San Giovannino. 1606 1 Tornato a Roma nel 1606 uccide in una rissa Ranuccio Tomassoni da Terni. Per sfuggire alla giustizia pontificia, raggiunge prima nei feudi dei Colonna e poi a Napoli dove dipinge importanti pale d'altare. 1592-93 1Caravaggio è documentato presente a Roma. Dopo una breve malattia il pittore entra nel 1593, nella bottega del Cavalier d'Arpino. Frequenta case di ricchi prelati e aristocratici (Del Monte, Borromeo, eccetera) e per loro lavora. 1599 1Nel 1599, con le storie di San Matteo dipinte in San Luigi dei Francesi a Roma, Caravaggio inizia un'escalation che lo porta nel giro di sei anni a essere tra gli artisti più richiesti e chiacchierati dell'Urbe. 1600 1Dipinge per Tiberio Cerasi i quadri con Storie di Pietro e di Paolo, destinati alla cappella di famiglia in Santa Maria del Popolo. Contemporaneamente lavora per committenti illustri come i Mattei e i Giustiniani. 1604-05 1Viene denunciato e processato per diffamazione dal rivale Baglione Nel 1604 è arrestato per ingiurie e porto d'armi abusivo. Si rifugia a Genova (1605) presso Marcantonio Doria, suo collezionista e amico. 1607-08 1 Braccato dalle guardie del Papa lascia Napoli e si rifugia sull'isola di Malta, dove il 14 luglio 1608 è nominato cavaliere e pronuncia i voti di povertà e obbedienza. Ma a causa di lite con un'organista abbandona in segreto l'isola. 1609 1 Approda di nascosto in Sicilia (Siracusa, Messina e Palermo) città nelle quali lascia opere estreme come il Seppellimento di Santa Lucia e la Resurrezione di Lazzaro. I sicari dei cavalieri di Malta lo inseguono per ucciderlo. 1610 1 Caravaggio torna e Napoli e si rifugia presso Costanza Colonna in Palazzo Cellammare. Appresa la notizia di un possibile perdono del Papa, parte da Napoli per Porto Ercole dove trova la morte il 18 luglio 1610 a 39 anni d'età.
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