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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 12:49.
Era il 1975 quando la polizia di Praga fece irruzione nell'appartamento del filosofo ceco Karel Kosik. Il regime lo considerava un dissidente e, in quell'occasione, gli agenti gli confiscarono un manoscritto di mille pagine, frutto di dieci anni di lavoro. Per sua sfortuna, Kosik non ne aveva una copia. Così, non gli restò che raggiungere l'amico Milan Kundera e sfogarsi con lui, discutendo sull'opportunità di scrivere una lettera a qualche personalità, all'estero, per cercare di far scoppiare uno scandalo internazionale.
Bisognava indirizzare la missiva a qualcuno che stesse al di sopra della politica, ad un uomo capace di rappresentare un «valore indiscutibile».
Messi di fronte alla desolazione del panorama europeo, i due dapprima si sentirono perduti. Alla fine, però, venne loro in mente a chi spedire la lettera. L'avrebbero indirizzata a Jean-Paul Sarte. Una scelta che, per la cronaca, si sarebbe rivelata saggia. L'appassionato intervento dello scrittore su Le Monde contribuì, in maniera determinante alla restituzione del manoscritto a Kosik.
L'episodio, narrato da Kundera stesso, è inserito nella prefazione alla nuova edizione di "Le Mani Sporche" di Sartre, firmata da Paolo Bignamini e Mauro Carbone. Per quanto interessante, però, questo aneddoto non sarebbe completo senza la considerazione finale dell'autore di "L'insostenibile leggerezza dell'essere".« Il giorno in cui Sartre fu sepolto- conclude Kundera- mi tornava in mente il mio amico di Praga: ora la sua lettera non avrebbe più trovato alcun destinatario.».
Jean-Paul Sartre è infatti l'ultimo vero simbolo di un impegno della cultura che oggi è scomparso. "Intellettuale totale",engagé, per l'appunto, per dirla alla francese, il cui approdo alla militanza è l'esito di un lungo percorso fondato sulla coerenza e sulla responsabilità. Una figura che ai nostri giorni non potremmo neppure concepire nel grande deserto preconizzato ancora una volta da un Kundera inquieto per «il vuoto dello spazio europeo che la cultura lentamente abbandonava».
Tornare a leggere Sartre, allora , assume un valore di riscoperta. Una riappropriazione che ha in sé il sapore della nostalgia ma che può anche aiutare a guardare oltre quel "vuoto", quel senso di inutilità della cultura, slegata ormai da ogni possibile tipo di impegno o di confronto con l'epoca nella quale viviamo. In questo senso, la nuova edizione di "Le mani sporche" tradotta appositamente per una produzione teatrale italiana, acquisisce un significato del tutto particolare.