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E io ci metto anche i poeti

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2010 alle ore 14:32.

Fra gli interventi brevi ce n'è uno che associa un massimo di interesse per chi legge con un minimo di convinzione da parte di chi scrive: il canone. Un solo discorso mi è più sgradito, quello generazionale. Ma a torto tacciato di viltade mai sarò, e allora cominciamo con un'ovvietà: le cose migliori, da noi, non si leggono in narrativa bensì in poesia. Ecco dunque sei poeti nati negli anni Settanta: il marchigiano Massimo Gezzi, che lavora in Svizzera (di limpido classicismo L'attimo dopo, Sossella), il piemontese Federico Italiano, che lavora in Germania (mitopoietico L'invasione dei granchi giganti, Marietti), il toscano Paolo Maccari (duramente profilato Fuoco amico, Passigli), la romana Sara Ventroni (labirintico e insieme epico Nel Gasometro, Le Lettere) e, ultima arrivata, la lucana Gilda Policastro (di lancinante fissità le poesie nell'ultimo «Quaderno italiano» di marcos y marcos). Il mio preferito è però il più giovane: Gian Maria Annovi, emiliano del '78 che lavora negli Usa (quanti «cervelli in fuga»!). Appena uscita da Transeuropa è la splendida plaquette Kamikaze (e altre persone), che fa incontrare una lingua di aguzza eleganza coi traumi più deflagranti del nostro tempo. Non più "promessa" è Elisa Biagini, fiorentina del '70 che da tempo è una caposcuola. Alla stessa esitazione m'induce Gabriele Pedullà, che pur essendo del '72 è in molti sensi già un maestro. Il che non garantiva – anzi! – la riuscita del suo esordio narrativo: timore fugato da Lo spagnolo senza sforzo (Einaudi).

Sei narratori "puri"? Senz'altro i torinesi acquisiti Andrea Bajani (severo e dunque commovente Se consideri le colpe, Einaudi) e Giorgio Vasta (ossessivo e dunque ottimo Il tempo materiale, minimum fax) e il pisano Luca Ricci (minuziosamente perverso L'amore e altre forme d'odio, Einaudi). Della romana Laura Pugno, che lavora in Spagna, Sirene (Einaudi) e Quando verrai (minimum fax) mostrano come una lingua poetica possa fare narrativa di prim'ordine (il contrario si dà assai meno spesso). Del bresciano Gherardo Bortolotti è eccellente ancorché esile Tecniche di basso livello (Lavieri), del campano Cristiano De Majo (messosi in luce in Italia Due, minimumfax) annuncia il romanzo d'esordio Ponte alle Grazie. Eccezione inversa a quella dei giovani già-maestri è costituita poi da Giorgio Falco, lombardo che i quaranta li ha passati (è del '67) ma si è affermato solo nell'ultima stagione: l'autore de L'ubicazione del bene (Einaudi) è quello sul cui futuro mi pare si possa scommettere di più.

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