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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2010 alle ore 12:24.
Una pioggia di petali di rosa cade incessante per tutto il tempo della rappresentazione. Fino a ricoprire l'intero palcoscenico. Complice un leggero vento che li soffia anche sul pubblico, la visione totale è di quelle che non si dimenticano. Siamo nell'area archeologica del teatro grande di Pompei e su quel tappeto di fiori si consuma un nuovo rito della ultra celebrata «Sacre du printemps». Una rilettura originale firmata dal coreografo brasiliano Ismael Ivo che si aggiunge a quella di illustri colleghi - da Maurice Bejàrt a Pina Bausch, da Shen Wei a Emanuel Gat, all'ivoriano Georges Momboye - che, della celebre partitura di Igor Stravinskij ne hanno dato una loro personale interpretazione.
Su quella musica barbarica ed emotiva, che dava corpo ad un soggetto brutale quale i rituali di una primitiva tribù e il sacrificio di una fanciulla da offrire alla madre-terra in nome della fertilità, Nijinskj coi Ballets Russes creò una coreografia rivoluzionaria. Al suo debutto parigino agli inizi del Novecento, andò in scena il più tumultuoso spettacolo del secolo. Talmente innovativo da ribaltare ogni codice ballettistico. Da allora continua a nutrire l'immaginario coreografico di molti artisti. L'inedita versione di Ismael Ivo trae ispirazione dalla classicità di luoghi come Paestum e Pompei e dall'immersione nella cultura mediterranea, nello specifico quella campana, per respirarne mistero e mito. Ma anche gesti ed espressività, da poter attingere dal temperamento di identità partenopee. E lo sono tutti i quattordici giovanissimi danzatori selezionati per la nascita de «Les Danseurs Napolitains», progetto della Fondazione Campania che sancisce la creazione della nuova compagnia di danza.
Frutto di una residenza creativa a Paestum, «Le sacre» di Ismael Ivo è preceduta da un Prologo, dal sapore dionisiaco. Su un magmatico tessuto sonoro che riproduce i gorgoglii del Vesuvio e della Solfatara di Pozzuoli insieme al ronzio di insetti, il balletto si apre con l'ingresso di un danzatore che una donna cospargerà di miele, anch'esso simbolo, come la rosa, di Paestum. A ingombrare la scena è un'ara sacrificale spostata a vista che aprirà e chiuderà un varco al centro tra due pedane con scivoli laterali. Si formeranno due schiere, maschili e femminili, che si alterneranno in passerelle, dapprima con movimenti di spalle chiuse da far sembrare i corpi dei monconi; poi con corse di perlustrazione e di appostamenti che preludono a incontri ravvicinati. Seduti, gli uomini osserveranno le donne esibirsi come corpi in vendita in movenze di seduzione accompagnate dallo sciogliersi dei lunghi capelli; siederanno in proscenio; si trasformeranno da prede in cacciatrici. Quindi, la ribalta si invertirà al maschile, fino alla scelta delle coppie.