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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 08:05.
Da tempo si annuncia in Italia un conflitto generazionale. Da una parte i padri, con i posti di lavoro garantiti, l'avvenire di una pensione, il benessere di uno stato sociale tra i più generosi dell'Occidente. Dall'altra i figli, schiacciati tra il piccolo cabotaggio del precariato di oggi e le incertezze di un domani di lacrime e sangue: con un welfare falcidiato dai tagli e una mobilità sociale sempre più ridotta.
Tutto questo è noto. I commenti al sondaggio del «Sole 24 Ore Domenica» di una settimana fa sui migliori narratori under 40 hanno evidenziato però l'emergere di un nuovo campo di lotta: quella tra gli scrittori dell'ultima leva e la generazione che li ha preceduti. A un giorno di distanza, Franco Cordelli sul «Corriere della Sera» (sabato 7 agosto) e Nicola Lagioia sul «Sole 24 Ore» di domenica 8 hanno dato voce, da fronti opposti, al medesimo sentimento. Per Lagioia la forza degli under 40 sta nell'essere cresciuti in un paese che sembra avere smesso di credere alla letteratura: vittime designate dell'egoismo e della cecità dei padri, essi avrebbero fatto di quel trauma originario la propria forza. Per Cordelli, invece, la frattura procederebbe nella direzione opposta: come risultato del sostanziale disinteresse dei più giovani per quanto hanno fatto gli autori che sono venuti prima di loro. Il tradimento, dunque, sarebbe in questo caso dei figli.
Non è detto che si debba scegliere tra queste due diagnosi, anche perché toccano aspetti diversi del problema: sociopolitico nel caso di Lagioia, più propriamente letterario nel caso di Cordelli. Come che sia, un dato di fatto è difficilmente contestabile: il flusso di amori e odi che ha sempre affratellato nella lotta autori generazionalmente distanti sembra essersi a poco a poco interrotto; alla contestazione dei padri, così edipica e così novecentesca, è subentrato il puro e semplice oblio. Mentre insomma i nati negli anni Venti, Trenta e Quaranta hanno tutti collocato la propria opera (e costruito la propria poetica) prendendo posizione a favore o contro quanti li avevano preceduti, è sempre più raro che gli scrittori che hanno esordito dagli anni Novanta in poi sentano il bisogno di fare altrettanto. Hanno anche loro, ovviamente, passioni e ripulse (Pasolini, Calvino, Bianciardi, Arbasino e Busi rimangono i più citati, e quasi gli unici); ma, al di là della deludente monotonia delle scelte, colpisce che queste non si solidifichino quasi mai in giudizi argomentati.