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Cultura-Domenica Arte

Difendo i giovani scrittori

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 08:03.

di Daniele di Gennaro editore minimum fax Dopo una serie di autorevoli idee sullo stato della narrativa contemporanea, contenuta e delimitata in maniera netta sulla soglia dei quarant'anni, mi si chiede un parere che parta dall'esperienza di minimum fax, dalla sua prospettiva di chi lavora con continuità sul fronte della ricerca e della valorizzazione di scrittori esordienti.
Eccomi qua. Faccio l'editore di minimum fax insieme a Marco Cassini dal '94, mentre il mestiere dell'editore andava cambiando radicalmente la sua natura. In quegli anni crollava la figura sacerdotale dell'editore che somministrava dall'alto verso il basso testi necessari a mondare il peccato originale dell'ignoranza, del non aver letto ancora. Veniva giù il muro tra editori e lettori, i pareri dei lettori cominciavano a manifestarsi prima sul fax e poi su internet e a generare su di noi una bella pressione di critiche, consigli, una manifestazione di presenza che non ci permetteva nessun atteggiamento autocompiacente, nessuna possibile "posizione" o posa.
La competenza dei lettori, in certi casi superiore agli stessi editori (lettori relegati in questa analisi a una posizione un po' troppo laterale), è ed è stata per noi una enorme risorsa. La reperibilità per via tecnologica ci dava il senso estemporaneo e chiaro della presenza di qualcun altro che dall'altra parte si faceva sentire. Da allora abbiamo avuto il fiato dei lettori sul collo. L'atto necessario dell'ascoltare oltre che leggere e pubblicare ha arricchito le possibilità della nostra ricerca.
Mentre la sacralità della Cultura ci aveva bastonato abbastanza a scuola, noi, profughi da giurisprudenza, abbiamo vissuto la voglia di maneggiare il mondo dei libri considerandoli una grande possibilità. Averne uno in mano significava solo poter vivere in quantità enormi, fare nostra l'esperienza e l'arte di qualcun altro, saziare la nostra voglia di storie e cercare di condividerla.
Professionalmente parlando siamo anche noi, editori «round 40», degli editori senza padri nobili, lo stato che viene oggi attribuito agli autori nostri coetanei. Veniamo da un'esperienza che ha avuto un percorso di certo extra accademico, con nessuna eredità o prezioso know-how imprenditoriale. L'unica cosa sensata da fare in quei primi anni è stata intraprendere un percorso di ricerca, attorno a un gruppo di ragionamento composto dagli stessi autori che hanno animato la vita della casa editrice sin dalla sua nascita. La cura della lingua, uno stile innovativo che aggiungesse qualcosa ai canoni preesistenti, la capacità di emozionare, di far suonare la scrittura erano essenzialmente le cose che avremmo cercato anche da lettori, né più ne meno.

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Tags Correlati: Andrea Cortellessa | Carlo D'Amicis | Cristiano de Majo | Cultura | Ermanno Paccagnini | Giorgio Vasta | Marco Belpoliti | Marco Cassini |

 

Ad alcuni dei critici coinvolti in questo scambio di opinioni sugli scrittori «under 40» io devo molto, per l'orientamento che mi hanno indicato nella selva del mondo della letteratura e degli altri linguaggi. Nella loro diversità Berardinelli, Fofi, Cordelli, fra gli altri sono stati e sono per me, editore senza padre, dei formidabili zii, dei veri e propri pusher letterari. Parecchie delle opinioni da loro espresse (perdita di potenza della narrativa, presenze velleitarie e acerbe, sovrapproduzione, debito intellettuale esterofilo, forte domanda di entertainment) sono condivisibili, verissime, verosimili o discutibili in un macrofenomeno oceanico che racconta però questo panorama in modo indistinto. La prospettiva da cui si osserva questo unicum rischia di generare solo posizioni, anche autorevoli, ma nessun movimento. Il paese stesso su più piani, soffre dello stesso problema: solo guerre di posizione per conservare qualcosa che c'è, pochissime per conquistare qualcosa che non c'è ancora. Un sistema bloccato, insomma, pieno di sospirati «quando c'era» che favorisce, questo sì, i nastri industriali dell'irrilevante.
Minimum fax pubblica pochi narratori italiani ogni anno. Quando, per esempio, ho letto per la prima volta i manoscritti di Paolo Cognetti, Nicola Lagioia, Giorgio Vasta, Carlo D'Amicis, non ho avuto dubbi sul fatto che quelle scritture lasciassero il segno e andassero pubblicate con entusiasmo. Sono scrittori diversi, bravi, non necessariamente da osservare come tronchi trascinati da un fiume generazionale. La stessa cosa la penso quando leggo autori come Walter Siti. Vabbè, non è un «under 40». Viva lo stesso. Punto e basta.
Le storie di questi e altri autori raccontano il nostro tempo con forza. Non possiamo fare altro che cercare di fare al meglio quel poco che ci riesce, nel senso della ricerca che ce li ha fatti incontrare, e della protezione dei loro progetti, puntando sul gioco di squadra, sui pareri di validi editor, e non sull'individualismo che nel nostro mestiere occhio e croce non porta da nessuna parte.
Io credo che in ogni periodo storico ci siano state generazioni percepite come discutibili ondate di scrittori «underqualcosa». Ma mettersi di traverso a bollare tutto come un fenomeno pieno di un niente senza forma né possibile definizione mi insospettisce. Probabilmente siamo nel campo della fisiologia dell'insofferenza verso il nuovo che il nostro tempo semplicemente esprime. Se magari fra dieci anni assalirà me, anche non potrò fare a meno di scagliarmi contro la leva dal 1980 in su.
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Opinioni a confronto
La prima pietra l'hanno scagliata, lo scorso primo agosto, sei critici letterari a cui il «Sole 24 Ore Domenica» ha chiesto di indicare i migliori scrittori italiani con meno di 40 anni. Le scelte di Giovanni Pacchiano, Ermanno Paccagnini, Marco Belpoliti, Filippo
La Porta, Goffredo Fofi e Andrea Cortellessa hanno suggerito l'esistenza di una nuova generazione «under 40» accomunata da alcune caratteristiche di stile e contenuto. Il tema è stato ripreso da Franco Cordelli, che è intervenuto sabato scorso sulle pagine del «Corriere della Sera» ponendo il dubbio sulla qualità di questa «ondata». Il «Sole 24 Ore» è tornato sull'argomento ospitando il parere di alcuni scrittori citati, Nicola Lagioia (domenica 8 agosto) e Cristiano de Majo (mercoledì 11 agosto), oltre a quello del critico Gabriele Pedullà. Il tema è stato ripreso nei giorni scorsi dalla «Stampa», dal «Corriere» e dall'«Unità»
GABRIELE PEDULLÀ
«C'è una letteratura italiana under 40 che merita di essere letta», che come nessun'altra si è «pensata americana»
FRANCO CORDELLI
«Si scrive tanto, si pubblica troppo (...). Alla letteratura italiana ciò che essenzialmente manca è la potenza»
MAURIZIO CUCCHI
«Molte le presenze velleitarie o acerbe, molti i romanzi che sanno più
di sociologia spicciola che di letteratura»
PAOLO DI PAOLO
L'Unità guarda agli under 30: «L'armata degli scrittori nati negli anni 80 si presenta vitale, ma confusa e inconsapevole»
ALFONSO BERARDINELLI
«Le librerie traboccano di nuova narrativa (...). Nessuno ne sa abbastanza. La quantità è soverchiante»

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