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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 19:36.
Ci sono oppurtunità che ai comuni mortali dicono poco ma che per gli archeologi di professione rappresentano occasioni esaltanti, uniche, irripetibili e imperdibili. La notizia viene da Roma: nel 2011 partirà il cantiere di costruzione della stazione «Fori Imperiali» della Linea C della Metropolitana (tratta T3, recentemente finanziata dal Cipe) che renderà necessaria la chiusura alternata delle due carreggiate della via dei Fori Imperiali. Capite che cosa significa questo per l'archeologia romana? Che sarà possibile scavare, in via del tutto eccezionale, sotto la via dei Fori Imperiali.
«Sì, si tratta davvero di un'occasione da non perdere» conferma Rossella Rea, funzionario della soprintendenza Speciale per i Beni archeologici di Roma e Ostia nonché direttore del Colosseo. «In concomitanza con i lavori della metropolitana, ci è offerta la possibilità di scavare la porzione più consistente del Foro della Pace. Con lo scavo si riporterebbero alla luce, in particolare, alcune sale tuttora giacenti sotto via dei Fori Imperiali a 6 metri di profondità».
Dottoressa ma perché la entusiasma tanto il Foro della Pace?
«Perché il Foro della Pace è sicuramente il più interessante tra i Fori Imperiali. Venne costruito da Vespasiano ed era un grande spazio dedicato alla cultura, comprensivo di biblioteche (vi erano conservate le opere di Settimio Severo e, tra gli altri, un settore dedicato esclusivamente alla medicina) e di superfici all'aperto in cui si ammiravano statue di artisti greci provenienti probabilmente dalla Domus Aurea di Nerone: alcune basi di queste statue, con il nome dell'artista inciso, le abbiamo recentemente rinvenute. Ma non è tutto: nel Foro si custodiva il ricchissimo bottino derivante dalla conquista di Gerusalemme a opera di Tito, tra cui il candelabro a sette braccia raffigurato nell'arco di Tito, sottratto durante le invasioni barbariche e naufragato nel Tevere».
Insomma state andando alla ricerca del più grande museo della Roma antica?
«In un certo senso sì, anche se il Foro della Pace conservava anche la Forma Urbis, la grandiosa pianta di Roma incisa nel marmo realizzata all'epoca di Settimio Severo. E, ancora, conservava l'intero catasto urbano inciso allo stesso modo su lastre di marmo. Un'autentica miniera d'oro per la nostra conoscenza dell'epoca compresa tra Vespasiano e Settimio Severo, che ricostruì parte del Foro dopo l'incendio del 192».