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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2010 alle ore 08:03.
di Marco Carminati
La Natività di Piero della Francesca conservata alla National Gallery di Londra dal 1874 è un quadro non finito o rovinato? L'interrogativo ha tolto il sonno a molti storici dell'arte, almeno sino a che le moderne tecniche d'analisi non hanno permesso di stabilire con certezza che il quadro è stato ridotto così da incuria e da maldestri "restauri". Ma se così è, chi furono i responsabili di questo disastro? E quando venne perpetrato lo scempio, visto che il quadro giunse alla National Gallery di Londra già ridotto in questo modo? E poi, perché il museo londinese lo comperò egualmente se non era in buone condizioni?
Questi interrogativi hanno, a quanto pare, agitato le notti solo di Margherita Tizzi, una vispa studentessa dell'Università Cattolica di Milano, la quale, condividendo con Piero della Francesca i natali a Sansepolcro, s'è messa in testa di risolvere l'enigma. Ha chiesto una tesi sul quadro, s'è piazzata a Londra per vivisezionare gli archivi della National Gallery e, alla fine, è venuta brillantemente a capo della vicenda, imbattendosi in una serie di articoli del «Times» usciti nel 1874, e in alcuni verbali dei consigli d'amministrazione della National Gallery, che contenevano le risposte alle sue domande. Ovviamente, con un materiale così ghiotto, Margherita Tizzi ha trovato subito un editore disposto a pubblicare la sua storia (Piero e Sansepolcro. Il caso della Natività, Sabbioni Editorie, pagg. 120, s.i.p.), storia che adesso in breve raccontiamo. Piero della Francesca aveva realizzato questa Natività (dall'insolita forma quasi quadrata) per un parente stretto. Nel 1482 il nipote Francesco (figlio del fratello Marco) aveva portato all'altare la giovane Laudomia Paoli di Montevarchi. Come dono di nozze, l'affettuoso zio aveva offerto questa tavola, con un soggetto – la Natività – che bene s'adatta all'ambito matrimoniale. Appena terminato, il quadro doveva presentarsi ricco di colori sgargianti e di sublimi dettagli, degni dei migliori pittori fiamminghi. Da un documento del 1500 sappiamo che gli sposi lo gradirono molto: la loro camera nuziale viene descritta arredata con il letto, due cassepanche e «una tabula cum nativitate domini nostri manu magistri Petri»