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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2010 alle ore 12:06.
La recitazione è una religione senza Dio, ma con un tempio: l'Actors Studio. Questo luogo sacro dell'arte dell'attore è il centro del "Viaggio nel cinema americano", uno speciale d'agosto pensato da Studio Universal (Premium Gallery sul digitale terrestre). Prima è dopo i film – "L'esorcista" il 10, "Shampoo" il 17, "Ed Wood" il 24 e Requiem for a Dream il 31 – i veri protagonisti sono le attrice e gli attori.
La sedia è gialla, lo sfondo nero, i sottotitoli ci sono ma il doppiaggio no, per non togliere neanche un'increspatura alla commozione di Lee Grant quando parla del suo grande maestro, per non cancellare neanche una ruga del volto vocale di Martin Landau, che ha un visto che di per sé è la trama di un kolossal, per non cancellare i sorrisi e la grinta di Ellen Burstyn, che dell'Actors Studio è anche presidente assieme ad Al Pacino e Harvey Keitel. Prima del film l'intervista singola, dopo il film il dibattito all'Auditorium di Roma moderato da Antonio Monda, gran conoscitore della New York che conta, che pensa, che scrive libri e che gira film, e Mario Sesti, giornalista, critico e direttore artistico della sezione Extra - L'altro cinema del Festival del film di Roma. Al centro il nero, cioè sullo sfondo il nero e al centro l'attore. C'è spazio per il ricordo (e i guai) del maccartismo. Ci sono gli esordi da vignettista di Landau: "L'anno in cui entrai fecero le audizioni 2.000 persone e soltanto Steve McQueen e io fummo ammessi". Ma ammessi a che cosa? Non è scuola. Sembra un master. E' un luogo libero dalle regole della produzione dove si possono liberamente esporre le qualità e le ambizioni della recitazione, in un clima di assoluta segretezza. Solo i membri possono partecipare alle rappresentazioni guidate da un moderatore. Il Miles Davis della colonna sonora delle interviste, intanto, ti segna quasi quanto il tono delle loro voci. Ascetiche. Landau racconta di quando si è innamorato del suo personaggio, l'attore Bela Lugosi di "Ed Wood", parte per cui ha vinto l'Oscar, al punto di considerare se stesso un intruso quando girava al trucco. Perché come spiega Ellen Burstyn: "Non ci insegnavano a recitare come fossimo veri, ci insegnavano a essere veri". Quando si diventa membri dell'Actors Studio lo si è a vita, perché recitare "è un processo interiore" che mira "ad accedere alla propria esperienza emotiva". Un'arte religiosa. Da vedere.