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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2010 alle ore 18:58.
Dopo l'onirico «Ricky», François Ozon torna a trattare con spessore una delle tematiche che hanno segnato gran parte della sua filmografia: la morte e la conseguente elaborazione del lutto. Mousse e Louis, una giovane coppia parigina, conducono una vita segnata dalla dipendenza dall'eroina.
Una mattina, entrambi privi di sensi, vengono ricoverati in ospedale: Louis muore per overdose, mentre Mousse riesce a sopravvivere e scopre allo stesso tempo di essere incinta. La ragazza decide allora di rifugiarsi in un'isolata casa sul mare, dove verrà a trovarla Paul, il fratello di Louis, che passerà alcune giornate insieme a lei.
Vincitore del Premio speciale della Giuria allo scorso Festival di San Sebastian, «Il rifugio» arriva nelle sale italiane a poco più di una settimana di distanza dalla presentazione del nuovo lavoro del regista francese alla Mostra del cinema di Venezia: «Potiche» con protagonisti Gérard Depardieu e Catherine Deneuve.
Uno degli attori feticcio di Ozon, Melvil Poupaud già protagonista del toccante «Il tempo che resta», interpreta nel film «Il rifugio» il personaggio di Louis la cui morte, a differenza dell'opera precedente, non è la conclusione ma l'inizio stesso della vicenda. Mousse è interpretata da un'eccellente Isabelle Carré, che avevamo lasciato timida e «incontaminata» in «Cuori» di Alain Resnais, e che ora ritroviamo ne «Il rifugio» pesantemente truccata ed estremamente aggressiva contro una vita che sembra non averle mai regalato delle gioie.
Nel 2000 Ozon presentava al Festival di Toronto «Sotto la sabbia», pellicola incentrata sulla presunta morte (o scomparsa?) di un uomo e sulla conseguente solitudine della moglie. «Il rifugio» sembra in apparenza una sua semplice riproposizione ma, in realtà rispetto al film di dieci anni fa, qui la protagonista non è la donna, bensì il bambino che sta per nascere. Quella figlia di cui Mousse non sembra voler mai parlare e per la quale non vuole nemmeno soffrire durante il parto (come rivela a una donna sulla spiaggia, interpretata dall'attrice rohmeriana Marie Rivière in un delizioso cameo). Se Mousse non ne fa parola, è però lo stesso Ozon a farci sentire per tutto il film la sua presenza, inquadrando quel grembo costantemente, cercando quasi di toccarlo così da sentire al suo interno la presenza di una vita che sta nascendo.