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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2010 alle ore 08:32.
Fugato ormai ogni sospetto di essere un "concorso di serie B", la sezione "Orizzonti" appare sempre più uno spazio alternativo, e come spesso accade nei grandi festival, che devono unire ricerca e passerelle, niente di strano che le vere sorprese, i registi più nuovi, le emozioni più forti vengano da qui. Lo spettatore meno "specializzato" troverà pochi ma solidi nomi di richiamo, a cominciare dal titolo d'apertura, La belle endormie di Catherine Breillat (nuova rilettura perraultiana dopo Barbablu) al nuovo mediometraggio del prolificissimo 102enne Manoel de Oliveira, dedicato ai pannelli di un monastero di Lisbona; a Hong Sansoo, che di film in film continua a interrogarsi sul proprio fare cinema (Oki's Movie).
Ma ci sono figure tra loro diversissime come l'austero spagnolo Josè Luis Guerin (Guest) e l'emergente giapponese Sono Sion, autore di film inclassificabili, tra rivisitazioni dei generi ed eccessi visionari (qui porta Cold Fish, presentato come una commedia visionaria e un "viaggio nell'orrore"). C'è poi il terzo capitolo della trilogia di Patrick Keiller sull'Inghilterra vista dal "professor Robinson", e si rivede anche Paul Morrissey, vecchio discepolo di Andy Warhol (News from Nowhere).
La rappresentanza italiana, che si poteva temere sovrabbondante, è invece piuttosto selezionata: il nuovo atteso documentario di Gianfranco Rosi (che aveva vinto la sezione con Below Sea Level e torna con El Sicario, Room 164, ritratto di un killer al soldo dei narcotrafficanti messicani), la coppia Beppe Gaudino- Isabella Sandri, che propone un viaggio nella Terra del Fuoco (anche attraverso parti animate) sulle orme del gesuita geografo De Agostini (Per questi stretti morire), e un adattamento contemporaneo de I Malavoglia firmato da Pasquale Scimeca. E altri nomi più eccentrici, come il gruppo milanese dei Flatform (Non si può far nulla contro il vento, corto fuori concorso) e Armin Linke, grande fotografo e artista visivo che, insieme a Francesco Matteuzzi, si interroga sul destino (urbanistico e non solo) dei territori palestinesi abbandonati dagli israeliani, con un lavoro in 3D, intitolato Future Archeology.