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Cultura-Domenica Ventiquattro

Dall'Ucraina con furore

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 15:12.

Il femminismo dell'Est ha tette al vento, canottiere trasparenti e slogan tatuati sul sedere con rossetto rosa shocking. «L'Ucraina non è un bordello», gridano le ragazze made in Kiev, impegnate in uno striptease davanti alla Rada, il Parlamento. Protestano contro l'esplosione della prostituzione nel loro paese: si stima che otto studentesse universitarie su dieci si mantengano vendendo prestazioni sessuali, perlopiù ai turisti.

È una battaglia vera e propria, cominciata per iniziativa di Anna Hutsol, ventisette anni, nata nella russa Murmansk da famiglia ucraina, padre in miniera e madre commessa in un negozio di alimentari. All'accusa di fare il gioco degli uomini non batte ciglio. «Certo, sfruttiamo pragmaticamente il corpo femminile approfittando delle debolezze dei maschi e della stampa» spiega Anna, capelli cortissimi rossicci, viso da bambina ma eloquio e sicurezza nel ragionamento da adulta. «Mi sono resa conto che il femminismo tradizionale qui in Ucraina non avrebbe attecchito, né con le donne né con la stampa e tanto meno con la società. E allora perché non adattare il femminismo al modello ucraino?».

Così nel 2008 nasce Femen. «Qui le donne non temono di usare il proprio corpo - spiega Anna - siamo abituate a considerarlo uno strumento almeno quanto il cervello». E il movimento in Ucraina è sempre più popolare, con migliaia di attiviste, in maggioranza studentesse universitarie. Se inizialmente l'età media era sui diciott'anni, ultimamente al movimento hanno aderito anche donne più adulte. Per ora non c'è un ufficio, troppi pochi i soldi in cassa. Il loro quartier generale è un bar sulla via Uritskovo intitolato - non per caso - a Cupido. Da qui si organizza tutta l'attività.

La battaglia principale è quella contro i sexpats, un gioco di parole tra sex e expats, persone che vivono all'estero. Perché se negli ultimi anni l'Ucraina si è avvicinata a standard occidentali, la rivoluzione arancione del 2004 ha anche attirato una valanga di uomini e businessmen che cercano una sola cosa. «Non dico di ristabilire i visti, ma noi non abbiamo alcun controllo su chi attraversa le nostre frontiere: entrano pedofili e maniaci, nessuno vigila».

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Tags Correlati: Anna Hutsol | Cultura | Europa | Femen | Julia Timoshenko | Margaret Thatcher | Mykola Azarov | Quartier Generale | Russia | Viktor Svyatskiy

 

Senza parlare della reciprocità: se gli stranieri qui possono entrare come e quando vogliono, tutte le ucraine sanno che per ottenere un visto Schengen devono presentare la foto dove appaiono più brutte. Altrimenti niente visto. E la motivazione è quasi ufficiale: se sei bionda e carina, nessuno crede che tornerai in patria. Di maschi occidentali le ucraine si attendono una vera e propria invasione nell'estate del 2012, quando Kiev ospiterà, assieme alla Polonia, gli Europei di calcio. Ecco quindi che le amazzoni di Femen lo scorso inverno, con temperature sotto lo zero, hanno indossato abiti più che succinti e, con pallone e scarpe da calcio, hanno mimato una partita davanti alle telecamere di mezz'Europa.

Secondo i dati raccolti da Femen, il 75 per cento delle studentesse ucraine ha subìto un abbordaggio da parte di uno straniero. Un aperitivo, una cena al ristorante, un invito a tornare assieme in albergo: «Parlo di studentesse, non di prostitute. Per questo il fenomeno è così preoccupante». I "clienti" sono sempre stranieri e per la maggioranza - indicano le statistiche - di nazionalità turca. Femen ha infatti organizzato una manifestazione davanti all'ambasciata di quel paese, dove le militanti per protestare si sono travestite da sexy infermiere. "Natasha" a Istanbul è un sinonimo di prostituta. «Vengono a centinaia, in aereo o in autobus, spesso in nave attraverso il Mar Nero - continua Anna - e considerano le nostre minigonne un invito alla prostituzione. Senza voler capire che è il nostro abituale modo di vestire».

Le ragazze di Femen hanno fatto di necessità virtù, e le fotografie delle loro sexy manifestazioni a seno scoperto hanno scalato i siti di news di giornali ucraini e internazionali. Il movimento è ormai tallonato da polizia e fotografi. L'ultima iniziativa risale a poche settimane fa, quando per protestare contro il rincaro dell'acqua le ragazze hanno indossato magliette bianche e si sono calate nelle fontane della capitale. O come quando si presentarono vestite solo di mascherine ospedaliere per protestare contro l'attenzione che politica e stampa davano all'emergenza dell'influenza suina, ignorando le imminenti elezioni politiche.

Anna dichiara di non avere grandi modelli femminili in testa, forse Madonna perché è ancora sensuale alla sua età e Margaret Thatcher per la sua durezza in politica. Sull'ex premier Julia Timoshenko mostra sentimenti misti: la stima perché ha dimostrato di poter essere «bella, intelligente e dura allo stesso tempo», ma insieme la critica «perché il nostro paese è nella stessa situazione di prima».

L'obiettivo principale di Femen è modificare l'immagine dell'Ucraina da meta di turismo sessuale a paese democratico e rispettato. Attive su tutti i fronti, dall'educazione alla libertà d'espressione passando per le principali questioni sociali, le ragazze confessano di aver fatto un pensierino all'agone più machista che esista, quello della politica. Magari fondando un proprio partito, come risposta alla celebre dichiarazione del primo ministro ucraino, Mykola Azarov, il quale l'anno scorso dichiarò in conferenza stampa che le «riforme politiche non rientrano nelle competenze femminili». Il movimento Femen reagì stizzito: «Quando presidente era Yushchenko ci lamentavamo, senza sapere cosa sarebbe venuto dopo». E sulla questione uno dei pochi uomini iscritto al movimento, Viktor Svyatskiy, conferma l'entrata in politica come la naturale evoluzione di un movimento che vuole cambiare il paese: «Le nostre ragazze non possono continuare a correre nude in piazza per tutta la vita. Dobbiamo spostarci in politica per influenzare il decision making e il processo legislativo».

Oggi Anna e le sue amazzoni, per sconfiggere il problema della prostituzione, guardano al sistema svedese, cioè alla criminalizzazione del cliente. Hanno presentato un disegno di legge: comprare una donna non dev'essere più considerato kruto (figo) bensì illegale e non etico. Al momento le immagini delle ragazze di Femen nude e urlanti nelle fontane di Kiev funzionano. La gente le guarda - in Ucraina, in Russia, all'estero - e si interroga sui loro obiettivi. Ma Anna e le sue militanti sono convinte che, fondato un femminismo in versione ucraina, prima o poi saranno le ragazze stesse a scegliere come ribellarsi al sessismo della società. Magari rivestendosi.

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