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Pinochet visto dall'obitorio in «Post mortem» di Pablo Larrain

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2010 alle ore 20:43.

Sul tavolo di un obitorio viene analizzato il cadavere di una donna magrissima. Un uomo dal caschetto biondo con riflessi grigiastri annota le cause del decesso annunuciate dal medico: denutrizione e disidratazione. L'uomo, Mario (Alfredo Castro), appare distante, ma quella donna la conosce: è Nancy (Antonia Zegers), la sua dirimpettaia. Post mortem il bellissimo film di Pablo Larrain, in concorso alla 67esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, va a ritroso, inziando dalla scena finale. Siamo nel Cile negli anni Settanta.

L'epoca si intuisce dall'abbigliamento: pantaloni a zampa, camicie strette con i colli lunghi. Le donne con gli occhi profondamente bistrati e gli orpelli voluminosi. Mario è innamorato di Nancy. Con sguardi silenziosi e attenti studia le sue mosse da lontano fino a che non trova il coraggio di andare nel camerino del night in cui la vicina fa la ballerina. Assiste al suo licenziamento e si offre di portarla a casa, ma Nancy viene prelevata dall'auto da un amico contestatore che la trascina nel corteo.

Il Cile è in fermento e anche a casa di Nancy si riuniscono piccoli gruppi di discussione per organizzare manifestazioni. Nancy vuole scusarsi con Mario per averlo lasciato solo. Entra nella sua casa, siede al tavolo del soggiorno e scoppia a piangere. Pochi minuti dopo anche lui abbassa il caschetto biondo e comincia disperatamente a singhiozzare. I due si conoscono appena, ma insieme soffrono le proprie miserie: lei il licenziamento, lui la sua solitudine sentimentale e insieme forse il presagio che il loro paese sia sull'orlo del baratro. La notte del golpe nel film di Larrain si intuisce solo dai rumori terribili e dalle grida che Mario sente sotto la doccia. Quando scende in strada trova la casa di Nancy devastata e vuota e intorno solo carcasse d'auto.

E' la mattina dell'11 settembre 1973 quando Pinochet rovesciò il governo di Salvador Alliende e instaurò una dittatura militare. Per Mario il regime non è altro che una sequela di corpi che improvvisamente riempie l'obitorio e alla cui visione rimane attonito. Soffre davanti ai corpi trucidati della gente che continua ad arrivare, scaricata dai camion, come sacchi di patate e che lui trascina nei corridoio con i carrelli con cui si trascina la merce. "Siamo in guerra e ora siete parte dell'esercito" gli spiega un colonnello. Un balenio di soddisfazione illumina lo sguardo di Mario. Il suo unico cruccio vero è sapere dove sia Nancy e quando la ritrova, nascosta in uno scantinato di casa sua, la rassicura: non le succederà niente, perché ora lui ha una posizione.

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Tags Correlati: Alfredo Castro | Antonia Zegers | Cile | Cultura | Pablo Larrain | Pinochet | Salvador Alliende | Tony Manero

 

Non sono eroi Nancy e Mario, come non lo era il protagonista di Tony Manero, il precedente film di Larrain. Nancy è vittima del golpe di Pinochet perché è l'amante di una "testa calda", ma la politica non le interessa. Mario ha un moto di dignità e rispetto davanti al corpo di Salvador Alliende orrendamente mutilato e si sottrae dall'annotarne i particolari della morte. Cerca perfino di salvare un ferito che si lamenta in mezzo ai morti, ma quando lo ritrova ucciso assieme all'infermiera a cui lo ha affidato non si ribella. Quando scopre che nel nascondiglio Nancy non è sola, ma tiene con sé il giovane contestatore che l'aveva portata via durante il loro primo incontro, prevale la gelosia e la sua arte buia.

Nancy non si preoccupa che lui l'abbia operta, è sicura che l'amore di Mario le farà ingoiare anche quel boccone amaro. Ma negli occhi di Mario appare lo stesso brillio di pochezza che lo ha fatto compiacere di aver conquistato una scatto sociale, nonostante la carneficina. Vigliaccamente torna a guardare la repressione dal buco della serratura dell'obitorio, da mero notaio di corpi, qual è.

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