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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 08:02.
Si dice che la sua scoperta fondamentale – la possibilità di riprogrammare cellule adulte in cellule simil-embrionali staminali – sarà in grado di annullare i dilemmi etici sull'uso degli embrioni a scopo di ricerca. Sarà vero, ma quando si parla del biologo giapponese Shinya Yamanaka, uno dei vincitori del premio Balzan 2010, la comunità scientifica sa che è il suo stesso modo di procedere ad essere intriso di correttezza e di rigore. L'eticità della ricerca sta, innanzitutto, nei risultati condivisi e nella loro ripetibilità. In un campo come quello delle staminali, deflagrato da una miriade di «non-scoperte», pubblicate anche sulle maggiori riviste e che durano lo spazio di un mattino, non è un risultato da poco. Da quando nel 2006 Yamanaka ha condotto i suoi esperimenti sul topo e poi, nel 2007, sull'uomo, meritandosi da «Time» l'appellativo di scienziato dell'anno, i laboratori di tutto il mondo li rieseguono con successo, aggiungendo sempre nuovi tasselli – ma anche nuove cautele – in un campo rivoluzionario in cui c'è ancora quasi tutto da scoprire.
Di rivoluzionario, e di certo, vi è proprio la sua scoperta. Immaginate di prendere una cellula della vostra pelle, di inserire quattro geni la cui espressione è fondamentale per lo stato di una cellula staminale embrionale, e di vedere, in un piattino di laboratorio, che le vostre cellule della pelle si «differenziano», regrediscono, scorrono indietro negli anni e si fermano allo stadio di cellula simil-embrionale staminale. Vale a dire, di una cellula che potrebbe avere (e la specificazione di «simil-embrionale», allo stato attuale della ricerca, va sottolineata mille volte) la potenzialità di differenziarsi al modo di una embrionale staminale, fino a produrre di nuovo tutti i tipi di cellule che compongono i tessuti del vostro organismo.
Potete immaginare che rivoluzione si prospetta? Non abbiamo ancora trovato il Sacro Graal della medicina rigenerativa, ma forse non siamo così lontani. La scoperta di una metodologia capace di indurre a retrodifferenziare le cellule adulte della pelle rappresenta la promessa – la promessa, sia chiaro, non ancora la realtà, come ha sottolineato Barack Obama abolendo il divieto di Bush di finanziare con denari pubblici la ricerca sulle cellule embrionali – di produrre trattamenti medici personalizzati e tessuti da rimpiazzare con un Dna compatibile con quello del paziente. Prelevando cioè materiale cellulare adulto direttamente da lui, evitando problemi di rigetto, senza dover ricorrere alla tecnologia con embrioni. Ciò significa che, per chi considera la blastocisti o l'embrione «una persona», scomparirà il problema etico, perché non vi sarà più alcuna distruzione della blastocisti causata dal prelievo delle staminali embrionali che essa contiene. Ma prima di arrivare a ciò (ammesso che sia possibile) molta altra ricerca sulle staminali embrionali (oltre che sulle adulte) dovrà essere fatta.