Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:14.
di Serena Danna
La notte del 27 agosto del 1963 Martin Luther King non chiude occhio. Ripete decine di volte, a voce alta, il discorso che avrebbe pronunciato a Washington qualche ora dopo. Quando finalmente il momento arriva, davanti alle 250mila persone che hanno partecipato alla "Marcia per il lavoro e la libertà", le parole del grande leader rimbombano tra le pareti del Lincoln Memorial. Eppure, le frasi di quel giorno rimaste nelle storia, i sogni di eguaglianza e libertà che riempiono il solenne "I have a dream", non sono sul blocchetto di appunti del pastore di Atlanta.
Sul finire del discorso, quando la stanchezza inizia a prendere il sopravvento sull'emozione, la cantante gospel Mahalia Jackson, sul palco per cantare il futuro inno del movimento per i diritti civili "We shall overcome", urla all'amico e compagno di lotta: «Martin racconta del sogno!». Così il reverendo King prende fiato e improvvisa: «Ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza».
"I have a dream" è stato scelto da Chris Abbott, giovane ricercatore dell'Università di Bradford ed esperto di relazioni internazionali, tra i 21 discorsi che hanno posto le premesse per il mondo di oggi. 21 Speeches that shaped our world (Rider, RRP), uscito recentemente in Inghilterra, ricostruisce l'attuale mosaico politico attraverso le parole che hanno contribuito a formarlo. La lista di nomi attraversa un secolo di storia. C'è la suffragetta Emmeline Pankhurst, che nel 1913 in un teatro di Hartford in Connecticut si definisce «un soldato che ha lasciato temporaneamente il campo di battaglia per spiegare com'è la guerra civile quando è dichiarata dalle donne», dando così il via alla questione femminile che esploderà più di mezzo secolo dopo. C'è il primo ministro del Regno Unito, Winston Churchill che, il 4 giugno 1940, dopo la sconfitta di Dunkerque, invita "il Mondo Nuovo", gli Stati Uniti d'America, a fare «con tutta la sua forza e potenza, un passo in avanti per il salvataggio e la liberazione del Vecchio», segnando la formazione di quell'asse Inghilterra-Usa che caratterizza ancora oggi le relazioni internazionali. E ancora il Mahatma Gandhi, Ronald Reagan, Margaret Thatcher, Eisenhower.