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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 17:56.
Tra i normalisti che hanno sostenuto l'esame in Piazza dei Cavalieri a Pisa c'è anche l'ex ministro della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, che è stato "esaminato", nel colloquio preliminare, dallo stesso Giovanni Gentile. Ecco come Ciampi racconta quel giorno: «Alla maturità, per filosofia, mi chiesero a bruciapelo cosa si intendesse per verità. Risposi d'impulso ricordandomi di San Tommaso: Veritas est adaequatio intellectus et rei.
Rimasero molto colpiti, anche perché io ero due anni avanti, e questo mi valse quel 9 che diventò il mio voto di presentazione alla Normale e impressionò molto Gentile. Poi devo ammettere che, nel corso dell'anno, non riuscii a essere altrettanto brillante e forse tradii un po' le alte aspettative dell'esaminatore».
Lo studente Ciampi si racconta anche nel libro Da Livorno al Quirinale. Storia di un italiano. Conversazione con Arrigo Levi (Il Mulino): «Ricordo ancora che l'esame alla Normale consisteva in due prove scritte, una di italiano e una di latino, il resto era orale. In italiano, il tema che ci dettero fu: "Parlate di un romanzo dell'Ottocento". Io avevo letto pochissimi autori dell'Ottocento. Fra le poche letture che avevo fatto c'era Piccolo mondo antico di Fogazzaro; svolsi il tema su questo romanzo, ma con uno sforzo enorme, perché non riuscivo neanche a ricordarmi i nomi dei personaggi. Anche agli orali arrivai con una carica minore rispetto a quella che avevo avuto a luglio alla maturità classica.
Per l'esame orale ebbi l'onore di essere interrogato in filosofia da Gentile. Penso che non feci una gran figura, certamente non all'altezza di quel nove in filosofia e storia che avevo preso, anche per un colpo di fortuna, alla maturità. Comunque l'esito dell'esame di ammissione fu moderatamente positivo, rientrai tra i primi dodici. Dodici che poi divennero quindici, per volontà di Luigi Russo che voleva entrassero anche giovani del sud. Russo si impuntò quando vide la graduatoria: il dodicesimo che entrava era un pisano, undicesimo mi pare fosse il sottoscritto. Cosicché disse: ma questi due avrebbero frequentato Pisa anche senza la Normale. Dal tredicesimo al quindicesimo posto c'erano tre giovani meridionali, ne ricordo ancora i nomi: Delli Santi, Giacalone, Irace. Ed entrarono anche loro».