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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2010 alle ore 12:17.

Le montagne del Parco Nazionale d'Abruzzo sovrastano il piccolo borgo di Pescomaggiore. Poche case raggruppate in cima a una collina. Anche qui, nella notte tra il 5 e 6 aprile 2009, il terremoto ha lasciato i suoi segni: case distrutte, muri attraversati da crepe, tetti crollati. Ma in questo piccolo centro, caso unico in tutta l'area, è stato avviato un progetto singolare nel suo genere. Il suo nome è biblico, EVA, ma il suo significato è molto più terreno: è l'acronimo di Eco Villaggio Autocostruito.

Tutto è nato per iniziativa del Comitato per la rinascita di Pescomaggiore, un gruppo formato nel 2007 da giovani e anziani del borgo, il cui intento, prima del terremoto, era quello di far rivivere Pescomaggiore e le sue tradizioni, dimenticate insieme al paese durante decenni di emigrazione. Una lenta e inesorabile emorragia che aveva ridotto la popolazione locale a poco più di una quarantina di abitanti. La scossa sismica ha modificato quelli che erano i programmi del Comitato. «Quando ci siamo ritrovati la mattina del 6 aprile – racconta oggi Dario D'Alessandro, avvocato 37enne e uno dei fondatori del Comitato – davanti a noi avevamo solo due strade: emigrare anche noi oppure ricostruire. Il rischio era che il paese, dopo il terremoto, si svuotasse anche delle poche persone rimaste e morisse definitivamente. E in questa situazione, per quanto tragica, non abbiamo avuto dubbi: dovevamo ricostruire Pescomaggiore».

Il comitato entra in contatto con gli architetti Paolo Robazza e Fabrizio Savini del Bag Studio Mobile che si appassionano all'idea di collaborare per trovare un modo di ricostruire Pescomaggiore. Ma doveva essere una «ricostruzione manifesto, un progetto tangibile», specifica Dario. Così, con l'assistenza di Caleb Murray Burdeau, esperto in bioarchitettura, prende vita l'idea di realizzare, sui terreni concessi in comodato d'uso da alcuni paesani, un piccolo villaggio, alle porte dell'antico borgo, formato da sette case antisismiche, bilocali e trilocali da 50 e 70 metri quadri, a basso costo e basso impatto ambientale. La struttura delle case è in legno mentre le pareti sono costruite con balle di paglia protette da uno spesso strato di calce permeabile all'aria e repellente all'acqua. È stata scelta la paglia perché ha un alto isolamento termico e perché viene fornita dai campi di cereali presenti sul territorio. I tetti sono a base di cellulosa. Tutte le case hanno grandi finestre rivolte a sud per un motivo ben preciso: perché così la soletta di fondazione, colpita dal sole, fa massa termica e rilascia calore, creando un sistema di produzione passivo. «Con circa 200mila euro – continua Dario – porteremo a totale compimento l'opera delle sette case. E tutti i soldi che stiamo usando sono donazioni di privati cittadini, che si sono appassionati al progetto. Neanche una lira viene dallo Stato».

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Strutture in legno, pareti a base di paglia, pannelli fotovoltaici. Dalle ceneri del terremoto in

 

La prima pietra del villaggio è stata posata il 15 agosto 2009 e in un anno sono state completate due case. Altre due verranno consegnate prima dell'inverno e tre nella prossima primavera. Il costo al metro quadro per ogni casa è di circa 600/650 euro. «Senza l'aiuto dei volontari non avremmo mai potuto realizzare questo villaggio», interviene Isabella, che coordina il lavoro dei volontari che si presentano per dare una mano alla costruzione di EVA. Carpentieri e muratori, ma anche impiegati, scout, studenti e liberi professionisti che hanno rinunciato alle loro vacanze per venire a lavorare qui, a Pescomaggiore, a titolo totalmente gratuito. «Siamo qui tutti per lo stesso scopo, perché questo non è solo un progetto di ricostruzione, ma un progetto di vita che va al di là della casa», dice Anusc, coreografa milanese.

Le "case di paglia" sono nate in Nord America circa 130 anni fa e sono presenti in Europa, soprattutto in Inghilterra e Francia del nord. Anche nel villaggio ecologico di Pescomaggiore nulla è stato lasciato al caso e tutto è indirizzato verso l'ecosostenibilità e il basso impatto ambientale: l'energia elettrica verrà fornita da un impianto fotovoltaico, mentre l'acqua calda dai pannelli solari. Le acque piovane saranno recuperate per l'irrigazione degli orti. Il villaggio sarà dotato anche di un impianto di fitodepurazione e di compostiere, dove i rifiuti organici verranno trasformati in fertilizzante per gli orti e i campi. E per i freddi inverni il riscaldamento verrà assicurato da una stufa tirolese a legna che sfrutta anche il potenziale del calore dei fumi.

EVA non è soltanto le "case di paglia": è anche la ristrutturazione dell'antico forno, della scuola, di un rifugio a poche centinaia di metri e la creazione di campi per la produzione di colture biologiche specifiche adatte al territorio, come lo zafferano, le lenticchie o le patate. Tutti prodotti storici della zona e sementi che rientrano nel Progetto Cerere, che riguarda la custodia e la valorizzazione delle colture del Parco nazionale. Un progetto a 360 gradi in difesa del territorio. «Nessuno di noi diventerà proprietario di queste abitazioni – continua Dario –. Una volta che le nostre case di Pescomaggiore saranno ristrutturate, noi torneremo a vivere lì, destinando queste case a un uso sociale e turistico, per fare in modo che insieme agli interventi ambientali e agricoli diano opportunità di reddito "verde" da investire per la rinascita di Pescomaggiore».

Le prime due "case di paglia" sono state consegnate lo scorso 28 febbraio: una è stata adibita a foresteria, l'altra ospita la famiglia di Piero. «Quando ho visto la consegna delle prime due case, mi sono sentito sollevato – conclude con un sorriso Dario –. Queste case hanno mantenuto vivi i rapporti sociali, sono un punto d'arrivo di percorsi individuali e un punto di partenza di un nuovo percorso collettivo».

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