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Cultura-Domenica Teatro e danza

Teatro, la lezione voyeristica di Matthew Lenton con L'école des maîtres

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2010 alle ore 23:12.

Ci tiene a precisare che non tutti i suoi spettacoli si svolgono dietro ad uno schermo trasparente. Subito dopo però, Matthew Lenton parla di vera e propria ossessione per questo elemento scenico. Lo ricordiamo nel bellissimo "Interiors", dove, da una grande finestra in proscenio che non ci permetteva di ascoltare le voci, osservavamo, come voyeur, la vita di un interno famigliare. Ritroviamo un sipario di plastica anche in "Wonderland", la dimostrazione finale realizzata con gli attori dell'École des Maîtres, il corso di formazione per giovani diplomati nelle scuole teatrali europee diretto da un regista, ogni anno diverso, della scena contemporanea, quest'anno presentata a Napoli dalla Fondazione Campania dei Festival, partner del progetto giunto ora alla diciannovesima edizione.

Quello di Lenton non è uno spettacolo compiuto. Da guardare come una lezione di teatro che, a prescindere dal risultato, è stata occasione per conoscere il metodo di lavoro di un regista. Presentandosi sul palco assieme agli attori il regista scozzese ha spiegato le varie fasi di avvicinamento al soggetto prescelto: l'"Alice nel Paese delle Meraviglie" di Lewis Carrol. «Come Alice – ha spiegato – abbiamo affrontato un viaggio verso l'ignoto. La curiosità è stato il punto di partenza. Abbiamo poi lavorato sull'improvvisazione e sulla recitazione, cui è seguita una riflessione sul prezzo che si è disposti a pagare per diventare una "celebrità", a spese della normalità della vita. Ma, una volta entrati in questo "mondo delle meraviglie" potremo mai ritornare indietro? E questo, quanto ci costerà?»

Presa come motivo iniziale per il tema dell'esplorazioni dei sogni e delle illusioni, la favola ha spalancato altri spunti su scenari contemporanei. Come l'universo di internet, finestra a tutti accessibile sul mondo sconosciuto che scegliamo o no di esplorare col pericolo che può comportare. Complice la visione di un documentario, "Hardcore", sull'industria della pornografia, di siti specifici, e l'analisi delle inquietanti fotografie di Gregory Crewdson con soggetti della provincia americana soffocati dall'incomunicabilità, il lavoro è sfociato sulla storia di una ragazza europea, Felicity, che parte per gli States a tentare la carriera di attrice porno.

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Tags Correlati: Felicity | Fondazione Campania | Gregory Crewdson | Lewis Carrol | Matthew Lenton | Napoli | Teatro

 

L'ingenua fanciulla crede di saper bene fin dove può spingersi; ma, una volta introdotta nel cinema, le continue richieste e pressioni che le vengono rivolte la inducono a varcare soglie impensate, a non essere libera delle sue scelte. Ribellatasi, infine abbandona il suo sogno e decide di tornare a casa.

Tutto questo ci viene spiegato, fin troppo, da Lenton, il quale, prima di addentrarci nello spettacolo ci introduce nelle sue metodologie sceniche dirigendo due attori che improvvisano alcuni esercizi muovendosi in quello "spazio di pressione" dove si impara a relazionarsi seguendo l'impulso del dare e ricevere. Seduti frontalmente essi si scrutano, si avvicinano l'uno all'altro, si allontanano. In un primo momento senza parlare, poi col labiale, quindi con le sole parole di uno, e senza sedie. Un teatro da voyeur, senza discorsi, ma di solo movimenti, come un film muto, è il linguaggio che Lenton utilizza, quindi, anche in "Wonderland", sostanziato da un determinante uso di musiche e canzoni.

Tre ambienti fungono da luoghi del viaggio di Felicity. Il salotto di casa con i genitori; la sua stanza; un nightclub; il set cinematografico. Vediamo la crescita veloce della fanciulla con un semplice interscambio di persone nello scomparire e riapparire dal buio delle quinte dove, ad accompagnarla è un coniglio giocattolo che assume le sembianze di una coniglietta di Playboy.

Essa la inizierà al fumo e al sesso, e l'accompagnerà dal rifugio domestico nell'oscuro e eccitante mondo esterno verso il quale Felicity, spinta dalla curiosità, si avventurerà. Col padre schiavo della pratica virtuale in rete, il livello della storia tocca anche l'universo famigliare dove si può annidare il principale pericolo quando regna l'incomunicabilità fra le persone.

Premendo troppo il pedale sull'esplicitazione di scene hard, e riducendo gli attori a sole comparse mute di una storia troppo esile che non scava oltre le intenzioni, la messinscena di Lenton si risolve in una lezione manieristica che non convince.

Al teatro Sannazaro di Napoli. Quindi a Bruxelles, il 14 al Teatro Nacional D.Maria di Lisbona, e dal 9 all'11 dicembre a La Comedìe de Reims.

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