Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2010 alle ore 07:46.

My24

Mostre, installazioni, riedizioni, omaggi, da Londra a Milano, con un unico soggetto: Jimi Hendrix con la sua Fender Stratocaster. Si parla di «rinascita del rock», di questi tempi, ma non è ansia di revival quella che anima le celebrazioni del quarantennale della morte (18 settembre 1970) del ragazzo di Seattle che dissotterrava le radici del blues per farle ricrescere in forme sempre diverse, alludendo a uno sviluppo in progress inesauribile, frutto di successivi innesti e contaminazioni.

È che in realtà Jimi non se n'è mai andato davvero. Ha continuato ad aleggiare in un universo musicale in cui è passato come un'incandescente e fragorosa meteora indicando un passaggio verso l'"universalità", troppo in fretta, però, perché qualcuno riuscisse a inserirsi nella scia. «So dove sto andando, ma non so come fare per arrivarci», dichiarava, poco più che ventenne, in uno dei brani del suo primo album. Ma intanto andava.

Per 571 pagine Harry Shapiro e Caesar Glebeek l'hanno seguito passo dopo passo, dai primi tentennamenti alla folle corsa degli ultimi quattro anni vissuti forsennatamente, per rimanere a loro volta inghiottiti in «Una foschia rosso porpora», calzante sottotitolo della più voluminosa biografia di Jimi Hendrix, riveduta e rieditata (Arcana) in occasione di questo anniversario. Lati imperscrutabili nella personalità di quello che è sempre al primo posto nelle classifiche dei più grandi chitarristi elettrici di tutti i tempi, sgusciante da ogni classificazione. Episodi non del tutto chiariti nella sua vita e ricostruzioni confuse anche attorno alla sua morte, che hanno dato adito a diverse ipotesi più o meno fantasiose.

L'unica cosa certa, a proposito dell'epilogo, è che Jimi aveva più di una volta dichiarato che non sarebbe arrivato a 28 anni ed è stato di parola. Curiosamente, nella gran mole di documentazione raccolta da Shapiro e Glebeek non c'è accenno ai dossier che l'Fbi raccoglieva su quello che definivano «il ben noto intrattenitore Negro», sospettato d'essere in combutta con le Pantere Nere. Documenti diventati oggi accessibili, ai quali ha attinto Mimmo Franzinelli, che nel recente Rock & Servizi segreti (Bollati Boringhieri) dedica a Hendrix un capitolo. E a cui non manca di riferirsi Enzo Gentile, autore dell'appena uscito Jimi Santo Subito (Shake Edizioni). Non è un dettaglio che stimola solo vacua dietrologia.

Tutte le testimonianze concordano nel descrivere un Jimi sospettoso fino alla paranoia negli ultimi tempi. E certo sentirsi gli sguardi dei segugi di Hoover fissi addosso non poteva aiutarlo a ritrovare serenità.

Ma anche questo fa parte della leggenda, ovvero la storia di un ragazzo di colore con una dose di sangue Cherokee che amava B. B. King, Muddy Waters e che rimase folgorato da Bob Dylan. Che col nome d'arte di Jimmy James vagabondava di luogo in luogo e di band in band senza accasarsi mai. Che distorceva i suoni della sua chitarra come nessuno aveva mai fatto fino ad allora e che pochi erano in grado di apprezzare pienamente.

Non negli Stati Uniti, almeno, neanche a New York dov'era finito per approdare. Dunque ci volle l'intuizione di un inglese, Chas Chandler, bassista degli Animals, per toglierlo da un destino da dropout, portarlo a Londra e da lì proiettarlo tra le stelle. Succede tutto in pochi mesi, tra il '66 e il '67.

«Gli amici e i colleghi musicisti – raccontano Shapiro e Glebeek – ricordano una sola cosa, cioè che un momento Jimmy vagava per il Village in cerca di ingaggi e un momento dopo non c'era più. Quando lo rividero, era Jimi Hendrix». E bruciava la chitarra sul palco del Monterey Festival, mandando in fumo anche le performance di tutti gli altri partecipanti.

La leggenda dice che Eric Clapton, che per Jimi era un mito, vedendolo suonare per la prima volta abbia esclamato: «Se io sono dio, lui chi è?», interpretando anche il pensiero di altri "dei" della chitarra britannici come Pete Townshend e Jeff Beck.

«Voglio essere il primo uomo a raccontare come si suona il blues su Venere», ha risposto in differita Jimi, confermando d'essere di un altro pianeta, attorno al quale si continua ancora a vagare senza riuscire ad approdarvi definitivamente, perché sempre avvolto in «una foschia rosso porpora».

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi