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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 08:02.
I primi libri italiani sul jazz – quello di Augusto Caraceni, per la verità assai difettoso, e quello di Giancarlo Testoni ed Ezio Levi – uscirono, pressoché contemporaneamente, tra il 1937 e il '38, ma è da poco che la nostra editoria si è accorta dell'esistenza di un mercato legato a questa musica e lo nutre. Si fa così ogni giorno meno largo quel gap con vicini di casa fin qui invidiati: francesi, tedeschi, per non dire dei britannici, privilegiati dal parlare la stessa lingua della patria del jazz. Da noi, dei libri americani, si traducevano quelli che avessero un carattere autobiografico e magari un po' gossip, come quelli di Mezz Mezzrow, di Billie Holiday, di Armstrong da giovane. Alla saggistica dovevano provvedere gli autori italiani (e addirittura la prima enciclopedia di jazz apparsa al mondo uscì proprio a Milano, autori nel '53 Testoni, Polillo, Barazzetta e Leydi).
Oggi quanti ascoltano, seguono, studiano il jazz vivono, in paragone, un eldorado, del resto in parallelo con il prestigio universalmente acquisito dal jazz e con lo straordinario sviluppo di quello italiano. Lo stanno confermando i tanti libri apparsi a cavallo delle ferie. Il colpo più grosso, diciamo il più voluminoso, è della torinese Edt, con il secondo volume della storia del jazz italiano di Adriano Mazzoletti: altre 1.600 e più documentatissime pagine (in due tomi) che si aggiungono alle 600 del primo volume, uscito nel 2004. Ciclopica documentazione, buon senso del racconto e minuziosa discografia accompagnano fino agli anni Sessanta, base del bello che dai musicisti nostrani venne poi e che aspettiamo, mai sazi, dall'autore.
Benemerita del jazz è la Minimum Fax, che già ci ha dato, tra l'altro, le autobiografie di Count Basie e Dizzy Gillespie e ha raccolto quella di Miles Davis, lasciata cadere dalla Rizzoli (che ne aveva fatto uno scoop nel 1990). Ora la casa romana traduce con tempestività il libro di Ben Ratliff, critico del «New York Times», che "spiega" il jazz attraverso conversazioni con una quindicina di illustri musicisti, da Sonny Rollins a Maria Schneider, da Ornette Coleman a Paul Motian. Con penetranti risultati, quanto a ricordi, ritrattini, giudizi, battute. E in fatto di interviste, succosi i colloqui di Marcello Lorrai con un jazzista oggi tra i più attivi e "avanzati": il contrabbassista William Parker.