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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 08:03.
Sottile, elegante, uno scricciolo di trentacinque anni pieno di energia e fragile allo stesso tempo, Tishani Doshi ha presentato a Mantova il suo Il Piacere non può aspettare (Feltrinelli) e il suo libro di poesie Countries of the Body (Tranquebar). Il romanzo racconta con uno stile teso e lucidissimo la magnifica storia d'amore di quelli che potrebbero essere suo padre e sua madre, un indiano e una gallese. Ci unisce la conoscenza comune della sua grande maestra di danza Chandralecka, la Pina Baush indiana scomparsa quattro anni fa. Non ho mai visto Tishani danzare, ma me la immagino messa al mondo e al corpo («A Chandra che mi ha aiutato a trovare il mio corpo», dedica Tishani il suo libro di poesie) dalla magnifica comune amica.
Sarà difficile scrivere un altro libro come Il piacere non può aspettare, legato alla tua storia di figlia di una gallese e di un indiano del Gujarat.
Non voglio scrivere un altro libro come questo. Quando sono tornata in India dieci anni fa l'ho fatto per scrivere questa storia e ho incontrato un mese dopo a Madras Chandraleckha. Danzare e scrivere è stata una cosa simile, una simile costruzione. Ho messo cinque anni a scrivere, ho riscritto sette volte e alla fine questo libro è stato un culmine che ha liberato molto di quello che tenevo dentro da anni.
Il romanzo è un racconto che contiene anche discorsi sulla vita, affermazioni che richiederebbero l'aver vissuto molto. E c'è anche una certa dose di sofferenza...
Ma io ho vissuto molto, ho viaggiato molto e ho vissuto intensamente, nel libro ci sono voci di molte persone, io sono affascinata dalle età, dal modo in cui la gente capisce e non capisce quello che sta vivendo. C'è un coro di voci, c'è Chandra, ma anche molte persone che ho ascoltato. E ci sono molte storie di perdita, vivere significa adattarsi alle perdite, capire che sono parte della vita. La sofferenza è questo perdere un mondo per acquistarne un altro, è una esperienza straziante, ma anche arricchente. Io credo che il mio stile ha molto a che fare con il tragicomico, con la capacità comica che viene dall'aver vissuto.