Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2010 alle ore 08:06.
Alberto Casiraghy (va scritto così, come vuole lui, per non confondersi con gli omonimi, come se non fosse inconfondibile) è, dal 1982, il «panettiere dell'editoria», definizione di Vanni Scheiwiller. Un microeditore, i cui libri sconfinano nelle opere d'arte, che ogni giorno sforna, dalla sua Nebiolo, un titolo fragrante di inchiostro. Ne ha in catalogo più di ottomila e al Castello di Belgiojoso alla fiera dei piccoli editori (sabato e domenica) il Pulcinoelefante, questo il suo marchio, sarà tra i più festeggiati.
Casiraghy, cosa ha stampato oggi?
Due libri. Una poesia di Camillo Pennati, bravo poeta che ha pubblicato da Einaudi. E un proverbio africano. Che dice: «Il momento migliore per piantare un albero è 20 anni fa; il secondo momento migliore per piantarlo è ora».
Cosa vuol dire, per lei, stampare i suoi libri?
Io sono un privilegiato. Solo i veri ricchi vivono di poesia, come me. E poi gli incontri che posso fare con questa attività: uno più bello e intenso dell'altro.
Quali sono quelli che l'hanno segnata maggiormente?
Beh, ad Alda Merini ho stampato 1.300 titoli. È stata unica. Ma ieri, per esempio, ero da Arturo Schwarz, una casa che... il Poldi Pezzoli ha meno arte...
Qual è il libro che ha venduto di più?
Un pensiero di S.Agostino che dice: «I morti non sono morti, sono solo invisibili». So che alcuni reparti ospedalieri lo regalano a chi ha subito un lutto. È un pensiero che solleva.
Si trova bene nel panorama editoriale contemporaneo?
Ma io sono un dinosauro! Amo la carta, il libro, la tipografia. Gioia e amore sono gli ingredienti principali dei miei libri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA