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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2010 alle ore 17:07.
Non sono il più bravo a spiegare la trama delle opere. Ma sono stato attirato a studiare e a proporre il Guglielmo Tell di Rossini, quale titolo inaugurale della stagione di concerti dell'Accademia di Santa Cecilia, dal fatto che il Tell incarna l'idea della lotta per la libertà. Secondo me, questa è una delle opere che più ci parla, al presente, in forma diretta. È un'opera che sembra rispecchiare le situazioni in cui vivono adesso alcune regioni del mondo, dove si soffre, dove la libertà è negata.
Il Tell dipinge un'atmosfera struggente di disperazione: e questa atmosfera era quella che vivevano gli svizzeri, nel 1300, quando erano oppressi dagli invasori austriaci.
L'opera si basa su un racconto semplice: c'è un cattivo, un crudele, Gesler, che Guglielmo affronta direttamente. Lui è il paladino della libertà, l'altro il tiranno. Rossini potrebbe risolvere la trama in tempi stretti, e invece sceglie il passo di un'opera molto lunga. Perché vuole mostrarci pienamente la cultura originaria del popolo oppresso. Gli svizzeri qui diventano il simbolo di un popolo puro, nobile, unito e legato alle tradizioni: amano la natura, il folclore, la danza. Sono dei candidi, incarnano una fetta ideale di umanità.
Per metterci dalla loro parte, Rossini prende tempo, conferendo al Tell dei tratti epici. Tutto così diventa più complicato del semplice confronto buono contro cattivo. Anche perché c'è un altro buono, il giovane Arnold, che è innamorato di Mathilde, principessa di famiglia austriaca. Dunque nemica. Il conflitto si estende, tra dovere-famiglia e cuore-anima. Questo conflitto si ripresenterà identico in Aida di Verdi, là ancor più esplosivo, ma sempre mi colpisce questa qualità di Rossini di essere stato l'anticipatore delle grandi tematiche verdiane. Si dice spesso che Verdi derivi dal belcanto, da Donizetti. Ma se pensiamo a opere più focose, come il Trovatore, dall'orchestra più densa, si capisce quale fosse il suo modello: Rossini.
Guglielmo Tell è un'opera monumentale, per solisti, coro, orchestra. È una delle partiture più ampie della storia dell'opera, al pari dei Troyens di Berlioz, della Tetralogia, dei Maestri cantori di Wagner. Ci possiamo chiedere come mai Rossini, che era famoso per la velocità del lavoro, per la speditezza delle sue opere, qui prenda molto tempo per la scrittura, e la dilati sembra quasi all'infinito. Anche perché noi sappiamo che questa è l'ultima opera di Rossini. E forse anche lui era pienamente consapevole che dopo questa: stop. Nella tradizione dell'opera francese vigeva l'obbligo dei balletti. Ma Rossini qui stra-ballettizza l'opera, forza quasi questa tradizione: scrive una serie di divertissements – che noi a Roma eseguiremo in un concerto a parte, dopola prima del Guglielmo Tell – e questi sembrano un espediente per prendersi tempo. Per spiegare. O forse per creare una dimensione magica, una cornice dove lasciare raccolta la sua ultima creatura.