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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2010 alle ore 10:37.
Di cosa parliamo oggi quando parliamo di cibo? Degli chef star che hanno portato il design nel piatto e si sono avventurati nella ricerca, a volte esasperata, di tecnologie innovative? (a pagina 85 scoprite come si fa la maionese magnetica o la superostrica con impregnazione iperbarica). Oppure di quel che ci troveremo nel piatto tra un paio d'anni ed è stato studiato, perfezionato e calibrato in un laboratorio dove si valuta persino quanto deve "crocchiare" uno snack? O del cibo quotidiano, magari quello, insapore e un po' triste, che siamo costretti a ingurgitare nelle mense aziendali? Certo non tutti sono fortunati come i dipendenti di Google, che possono gustare gratis cibi biologici e sofisticati in caffetterie dall'architettura minimalista.
Ma oggi l'urgenza vera è riuscire a produrre abbastanza per dar da mangiare a tutti. Le strade sono molteplici. Ci sono scienziati, come il fitogenetista Salvatore Ceccarelli, che riescono a tenere insieme biologia molecolare e sapere dei contadini con microprogetti di successo (paradossalmente troppo poco costosi per trovare finanziamenti dagli organismi pubblici). Altri affidano agli ogm la risposta e nella disputa forsennata che oppone favorevoli e contrari emerge la ragionevolezza di un approccio non settario come quello esposto da Stefano Nespor, ambientalista convinto e difensore di un uso ragionevole delle tecnologie, magari sviluppate da paesi emergenti come il Brasile e in grado di scalfire scomodi monopoli.
E infine, se qualche volta vi ha accarezzato l'idea di diventare vegetariani come scelta etica ma siete troppo golosi di culatello e fiorentine per portare a termine il proposito, ascoltate il consiglio di Jonathan Safran Foer, autore di Eating Animals (nella versione italiana Se niente importa). Pur confermando tutto l'orrore degli allevamenti industriali, violenti e inquinanti, a Ventiquattro ha confidato che in fondo basterebbe poco: se gli americani rinunciassero alla carne una sola volta la settimana si eliminerebbe l'equivalente delle emissioni di cinque milioni di automobili. Perché non provarci?