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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2010 alle ore 10:38.
Con il sushi si beve Borgogna, il Merlot si accompagna bene al curry. Parola di Jeannie Cho Lee, la maggiore esperta di abbinamenti tra vino e cibi orientali. Studi a Oxford e Harvard, la prima asiatica a fregiarsi del titolo di Master of Wine, riesce a determinare il destino di un marchio. Per sfondare in Cina, Giappone o Corea bisogna piacere prima a lei
Se siete dei produttori di vino, date retta: mandate una cassa delle vostre bottiglie a Jeannie Cho Lee, la Master of Wine di Hong Kong che sta ridefinendo la cultura culinaria di tutta l'Asia. Come una sorta di San Pietro che decide a chi aprire le porte del paradisiaco, sterminato mercato orientale, questa sottile ed elegante signora di origini coreane è considerata la maggiore esperta di abbinamenti cibo-vino di tutta l'area e soprattutto la più influente sulle abitudini dei consumatori.
Quarantadue anni, quattro figli, quattro lingue parlate fluentemente, un curriculum in cui compaiono Oxford, Harvard e perfino Cordon Bleu, un sito e un blog, Jeannie è un'instancabile reporter (tra l'altro per Decanter e Wine Spectator). «Quando a 19 anni sono venuta a studiare in Europa ho preso il virus del vino: mi facevo mandare fondi di emergenza dai miei genitori che spendevo in ristoranti di lusso, ordinando bottiglie sempre diverse», ricorda. «In Asia si producono da sempre distillati e vini di cereali e frutta, ma sono relegati a occasioni rituali o a pulire il palato tra una portata e l'altra, e comunque sono piuttosto blandi nel gusto. Viaggiando tra Italia, Spagna e Francia ho invece scoperto il fascino delle differenze di stile, delle sottigliezze dei vari terroir. Il vino si è rivelato lo specchio del mio amore per il cibo, soprattutto per quello asiatico, altrettanto ricco di sfumature, spezie e ingredienti», racconta con l'entusiasmo della ragazzina che ha incontrato la sua rockstar preferita. Dopo anni di onorata professione come giornalista e consulente, continua a commuoversi e a sgranare gli occhi quando parla di una buona annata, senza alcuna parvenza di quelle arie un po' blasé che amano darsi molti dei suoi colleghi.
Eppure è a lei che si deve la prima e tuttora unica guida esaustiva sull'unione tra vino e cibo orientale: Asian Palate, un manuale che ha la chiarezza di quelli della serie "per negati" e l'aspetto del classico coffee-table book (a breve comparirà la versione iPad, molto più utile al ristorante o quando si fa la spesa). «La risposta del pubblico è stata incredibile», si stupisce l'autrice, che sottolinea di aver scritto il libro per sé - per fare ordine tra più di cinquanta quaderni di appunti - e per i consumatori asiatici. «In Europa e in America ogni chef ormai usa ingredienti orientali. Ma è al foodie di Mumbai, di Tokyo e di Seul che ho pensato scrivendo, per insegnargli delle linee guida di base: come accompagnare un piatto a seconda che il suo gusto predominante sia dolce, salato, amaro, acido o umami (miso, funghi, alghe ndr). I tannini esagerano i gusti forti e piccanti, ma molti rossi vanno bene con i cibi speziati, l'importante è che siano corposi». Secondo Jeannie, Merlot e Shiraz fruttati e rotondi sono un ottimo accompagnamento per curry indiani o thailandesi. E piatti delicati come il sushi possono essere esaltati da grandi rossi maturi, come un Borgogna del 1997 o precedente. «Ma è soprattutto la versatilità di un vino che diventa fondamentale con un pasto orientale, sempre composto da un minimo di sei o sette piatti a loro volta accompagnati da una miriade di salse diverse. Con fritti, zuppe, stir-fry e condimenti a base di aceto consiglio Champagne, Sauvignon Blanc neozelandesi, giovani rossi del Nord Italia».