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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2010 alle ore 08:03.
Quando David Beckham era italiano, Edoardo VIII entrava e usciva da Buckingham palace schiacciato, come fu, fra Giorgio V e Giorgio VI, a Downing Street s'alternavano Stanley Baldwin, Neville Chamberlain e Winston Churchill e il cielo della capitale britannica, nero di smog, consegnava alla storia il mito del fumo di Londra. David Beckham si chiamava Bartolomeo "Bert" Assirati non giocava a pallone, né aveva una moglie Posh anche se le frequentazioni femminili non mancavano. Era la stella dello sport britannico, mito della Little Italy di Londra, tritata, accartocciata e liquidata, dalla celebrità di quella newyorchese.
Davanti al pub Coach and Horses di Ray street, Mike Hallinan, se ne sta immobile con la foto di un uomo in slip neri, il piede sinistro in avanti, le braccia protese e pronte a colpire. «Voglio informazioni su di lui – dice – sto scrivendo una biografia. È stato il più grande campione di wrestling, di lotta, di quella vera, che il mondo abbia mai avuto. Una celebrità nazionale». Un mito, qui, fra Back hill e Saffron hill, nel ventre molle dell'italianità esportata, alle spalle di Holborn a una sassata dal Gerkin, simbolo architettonico del boom londinese nei favolosi anni Duemila. Oggi molte luci si sono abbassate, i vetri sono meno lucidi, ma il grattacielo di sir Norman Foster, emblema del denaro facile creato e bruciato nella City, guarda sempre sulla Londra di Dickens. «È proprio così – racconta Tudor Allen storico del quartiere italiano di Londra e autore di un istruttivo volumetto intitolato Little Italy – qui correva Oliver Twist, la figura di Fagin è associata da Charles Dickens agli ebrei che pure popolavano questo quartiere, ma il "padrone" dei ladruncoli ai quali si accompagnava, secondo una scuola di pensiero, era stato ispirato dagli italiani». Quelli della seconda ondata migratoria, i più poveri, alcuni trafficanti di bambini che Adolphe Smith in Street Life, suggerisce venissero illegalmente portati dalla periferia di Napoli. «Ma la storia non è questa – aggiunge Tudor – non è solo questa almeno. I primi arrivarono all'inizio del Diciannovesimo secolo dalle valli alpine e soprattutto dal Piemonte. Erano artigiani di grande abilità, soprattutto nella produzione di strumenti di precisione, si sistemarono in Hatton Garden». Termometri, barometri, occhiali della famiglia Comitti, ancora oggi in produzione in Essex, erano l'orgoglio e l'invidia di Mount Pleasant street. Prima di loro era toccato a Enrico Negretti che dal comasco aveva aperto in Leather Lane un laboratorio per la produzione di termometri. Dopo di loro fu la volta di Giuseppe Chiappa che continua a produrre organi per volontà dei suoi discendenti nella stessa palazzina di Eyre street Hill. Ray street dove Mike Hallinan promuove il mito di Bert Assirati è lì, dietro l'angolo. «Anche il Coach and Horses – aggiunge Tudor Allen – era gestito da italiani». Un piccolo mondo a sé che univa ferventi mazziniani e frequentatori della scuola italiana fondata dall'eroe del Risorgimento, a manovali, ai fini artigiani di cui abbiamo detto, a ladruncoli di un underworld che non è mai arrivato alle dinamiche newyorchesi, ma anche pagliacci. Joseph Grimaldi celebrità dei teatri di Drury lane lasciò il nome a coniare una professione, «joey» è sinonimo di clown nella lingua inglese. «In realtà, l'elenco è infinito: fra le professioni predilette – aggiunge Tudor Allen – dopo i primi maestri di tecniche di precisione provenienti dal nord, arrivarono suonatori d'organetto, arrotini, gelatai, droghieri». Terroni & sons aperto nel 1890 da Luigi, originario di Pontremoli, è stato il primo a vendere, lo ha fatto per centovent'anni, cibo italiano. Ha chiuso un paio d'anni fa. Resta, oggi, la saracinesca abbassata di fianco alla chiesa di san Pietro, cuore dei resti della Little Italy che fu. Reggono, invece, i Gazzano. Regge, almeno, Joseph Gazzano discendente diretto di Alfredo e Bessie Mariani che dei Terroni sono stati diretti concorrenti. «Ora – dice Joseph dietro il banco al 167 di Farringdon road dove tutto cominciò – dovremo decidere che cosa fare». La crisi non risparmia neppure un delicatessen così italiano da aver tutto a strisce tricolori, dalle tende alla pasta. Quella dei Gazzano\Mariani è la storia di droghieri fortunati, nell'infinita aneddotica dell'emigrazione italiana in Gran Bretagna. «Quando, durante la guerra, Winston Churchill pronunciò il celebre, "Collar the lot" – metteteli tutti al guinzaglio –, ordinando la deportazione di migliaia di italiani, i miei erano stati messi in fila per imbarcarsi alla volta del Canada verso la prigionia. Per caso quando erano in coda accettarono la richiesta di altri due italiani, si scambiarono di posto e anche di destinazioni. A miei andò bene». La fila in cui erano stati assegnati originariamente, finì nella pancia dell'Arandora Star, la nave affondata da un siluro tedesco nel 1940 e trascinata a picco con 470 italiani. Mentre gli altri morivano i Gazzano salpavano per l'isola di Man. Salvi.