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Consiglio al Pd, leggi Berselli

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2010 alle ore 14:28.

Nel gioco del baseball, ci sono quattro basi agli angoli del campo. Nel tempo in cui la palla vola, colpita dalla mazza, un giocatore deve correre da una base all'altra, sperando che non venga occupata prima da un avversario. Succede spesso che il giocatore, arrivato a metà strada tra una base e un'altra, si accorga che non ce la farà a raggiungere la prossima, si volta e si rende conto che ormai è troppo tardi per tornare dov'era prima. Così, rimane lì, nel mezzo, indeciso su cosa fare, fino a quando sarà troppo tardi.

Questo è anche il ritratto perfetto della sinistra italiana. Per quanto riguarda l'economia, la metafora del baseball è precisa: la sinistra ha abbandonato precipitosamente lo statalismo, correndo in modo scomposto verso la privatizzazione. A metà percorso, si è resa conto che quel punto d'arrivo era già abbondantemente occupato dalla destra, e tornare al punto di prima era troppo tardi. È qui che entra in scena il libro postumo di Edmondo Berselli, L'economia giusta (Einaudi). Un pamphlet rapido e doloroso, scritto durante l'ultimo periodo della sua malattia.

Per questo motivo, è ancora più sorprendente. Perché lascia in eredità non una spinta utopica, ma in modo ancor più commovente, una proposta concreta per una sinistra moderata, proprio quella che è rimasta nel mezzo senza sapere cosa fare. È un gesto umile, quasi garbato, da parte di un intellettuale brillante, digressivo, onnivoro. Al contrario dei toni che si usano ora, di costante aggressività, soprattutto da parte di coloro che credono di stare (o stanno per davvero, che è lo stesso) dalla parte giusta, e che però sono concentrati su un assunto inutile: «Non avremmo dovuto trovarci in questa situazione». Berselli è comprensivo e suggerisce un più utile «stando così le cose».

Ecco. Stando così le cose, la soluzione non è tornare a casa dei genitori (dello Stato) né è quella di avanzare testardi verso la sfrenatezza, ma è pensare alla società economica come a una società responsabile, con alcune regole fondamentali, con lo Stato come punto di riferimento.

Questa proposta è rivolta a una sinistra di (potenziale) governo, non soltanto perché le regole che sostiene sono a difesa del welfare, ma anche perché in epoca contemporanea, è soltanto la sinistra a piantarsi nel mezzo indecisa se andare avanti o tornare indietro; mentre la destra per ogni singolo argomento dello scibile, ha soluzioni chiare, precise, che siano condivisibili o meno. Una politica economica concreta (ripeto: a prescindere dall'efficacia che ne è risultata) l'hanno avuta la Thatcher e Reagan, mentre non se ne ricorda una altrettanto a fuoco di un governo progressista, anche quella di Blair è stata una meteora piuttosto confusa.

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Tags Correlati: Cultura | Edmondo Berselli | Einaudi | Hirschman | Partito Comunista | Pd | Sozialdemokratische Partei Deutschlands

 

E infatti lo spiraglio che a Berselli sembra di intravedere per risolvere l'indecisione tra l'impossibilità di tornare indietro e la stupidità di proseguire in avanti, è per coloro che stanno in mezzo; ed è di matrice cristiano-conservatrice: l'economia sociale di mercato. Le cui linee guida furono formulate dai liberali cristiani di Friburgo, «nel segno quasi di una terza via tra il laissez-faire e il socialismo», riuniti intorno alla rivista «Orda», alla ricerca dell'armonia tra interesse privato e benessere pubblico. E più tardi, i socialdemocratici dell'Spd, nel congresso di Bad Godersberg del 1959, accettarono l'economia sociale di mercato come scenario di riferimento.

Questa forma di capitalismo alternativo all'arcicapitalismo americano, è stata trascurata per anni, fino alla rivalutazione degli ultimi tempi, in contrasto con la violenta recessione causata dal modello più sfrontato. Berselli traccia il profilo di coloro che l'hanno inutilmente sostenuta, nel periodo della sfrenatezza, passando per sorprendenti e profetiche citazioni da Wojtila, Prodi, fino a Ratzinger compreso. Quindi, una linea di continuità che parte dal Manifesto del Partito Comunista (con cui si apre il libro) per finire alla resistenza cristiana. Il risultato è un libro ottimista scritto con tono da pessimista; una buona soluzione alla convinzione di Hirschman: «In ogni condizione c'è una riforma possibile».

Non è quindi un'eredità lasciata a un partito che unisce socialisti e cattolici, e cioè il Partito Democratico? E non è il Partito Democratico, il giocatore di baseball che abbiamo identificato come colui che sta piantato perfettamente tra le due basi senza sapere cosa fare?

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