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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2010 alle ore 08:04.
Robert G. Edwards ha cinque figlie e undici nipoti, ma è considerato anche il "papà" di quattro milioni di bambini e giovani sparsi per il mondo. Fu lui a mettere a punto la fecondazione in vitro, grazie alla quale ieri ha ricevuto il Nobel per la Medicina. Edwards è oggi un signore di 85 anni, non in buona salute, ma molto felice: «La cosa più importante della vita, è avere un bambino. Niente è più straordinario di un figlio», ha fatto sapere Edwards, in una nota diffusa alle agenzie di stampa dalla Bourn Hall Clinic, clinica da lui fondata con Patrick Steptoe, il ginecologo morto nel 1988 con cui sperimentò la tecnica sugli uomini.
«Siamo emozionati e immensamente felici», ha esclamato Ruth, la moglie di Edwards. Ha ricevuto lei la telefonata da Stoccolma: il marito è molto malato. «È una notizia fantastica», ha aggiunto Louise Brown, la prima bambina nata in provetta, grazie a Edwards e Steptoe, oggi una madre (naturale) di 32 anni. «Il successo di questa ricerca – ha proseguito Ruth – ha toccato le vite di milioni di persone. La dedizione e la determinazione di Robert hanno portato all'applicazione dei suoi studi rivoluzionari, nonostante la contrarietà piovuta da più parti».
Fin dalle prime sperimentazioni sull'uomo, gli studi di Edwards suscitarono, infatti, forti opposizioni. E dopo che Edwards e Steptoe riuscirono a fecondare con successo uova prelevate da alcune donne (Steptoe usò la laparoscopia, tecnica nuova e allora controversa di cui fu pioniere), il Medical Research Council decise di non finanziare la continuazione del progetto. Con la donazione di un privato i due andarono avanti e la fecondazione in vitro fu al centro di un vivace dibattito etico, iniziato da Edwards stesso, con un articolo scritto con l'avvocato David Shape che già anticipava molti dei complicati interrogativi che la medicina riproduttiva avrebbe generato. Nonostante Edwards sostenesse che la ricerca sulle cellule riproduttive umane e sugli embrioni si dovesse svolgere seguendo precise linee guida etiche e si fosse assicurato che alla Bourn Hall Clinic fosse creato un comitato ad hoc, il suo lavoro sulla fecondazione assistita incontrò una fortissima opposizione, da parte di leader religiosi, che la consideravano immorale, governi, che pensavano che fosse più importante limitare la fertilità piuttosto che favorirla, e da alcuni colleghi che avevano idee differenti in merito alla sicurezza degli embrioni. «A posteriori – scrive il comitato dei Nobel – sembra incredibile che Edwards non solo sia stato capace di rispondere a tutte le critiche che lo sommersero negli anni, ma che pure sia rimasto così imperturbabile e determinato nel perseguire il suo obiettivo scientifico».