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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2010 alle ore 15:37.
Ha appena vinto la Gold Medal della Society of Publication designers "Best SPOTS of the year". L'anno scorso ha ricevuto il 1° premio alla Society Of Illustrators di New York, 2 anni prima l'Usher Memorial Award, ma la lista è troppo lunga per questo spazio e per uno che sette anni fa stava per gettare la spugna. Alessandro Gottardo, in arte Shout, 33 anni, di mestiere fa l'illustratore.
L'equivoco pericoloso tra arte e mestiere l'ha risolto molto presto: "Non faccio arte, sono un creativo", un'affermazione che si traduce come un sano distacco da quello che si fa e l'accettazione del compromesso con il committente,"Fare arte significa mettere in gioco il proprio intimo, non fa per me, mi sentirei violentato, sarebbe frustrante". Disegnare è come sedere ogni giorno davanti ad un lago, che è la distanza tra quello che si vorrebbe e quello che si riesce a fare. Meglio lasciarsi scivolare addosso l'ossessione di toccare in fretta la sponda opposta, anche perché la navigazione è interessante. Lui ha incontrato tempesta e ne è uscito nel 2005, quando ha adottato quello pseudonimo che suona come una liberazione: da un contratto con un'agenzia, ma soprattutto dai manierismi, i dettagli di uno stile pittorico che andavano in una direzione non più sua. Ha sottratto, tagliato la decorazione, scegliendo una via più concettuale con la quale era possibile "più dire che mostrare, costruire messaggi immediatamente percepibili".
Eppure, guardando i suoi disegni, è proprio lo spazio di non detto, di ricezione lenta, di forza inerziale lunga, che affascina. La loro proprietà narrativa consiste nel non svelare subito, nel non avere fretta di capire chi, cosa, quando o perché. Si rimane sospesi, gravidi del prima e del dopo in una condizione di misteriosa intimità con il soggetto disegnato e un finale aperto. Nel suo ultimo libro, Monoshout, è indicativo il discrimine tra le immagini narrative, intimistiche, perfette per le copertine dei libri, e quelle iconiche, in cui c'è un'idea, "pura creatività, null'altro di mio che una trovata", dice l'autore. I percorsi che portano al risultato definitivo di un'immagine non sono mai lineari, ma Alessandro spiega come la costruzione, la composizione degli elementi nello spazio, sono la parte razionale, dopo la quale si possono liberare le suggestioni e gli stimoli del momento. Usa spesso la prospettiva dall'alto con piccole figure immerse nel paesaggio: "E' come guardare dall'ultimo piano di un palazzo senza essere visti", una formula ricorrente, che permette di concentrare l'attenzione sul protagonista, spesso decentrato, con la complicità dei vuoti, grandi protagonisti delle sue illustrazioni.