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È un Nobel per le staminali

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2010 alle ore 16:02.

Tra fecondazione assistita e ricerca sulle cellule staminali ci sono profondissimi legami. È persino banale sottolinearlo. Di solito però questo intreccio appare più chiaro ai detrattori di questo genere di ricerche e meno a chi del rapporto scienza-società ha un'immagine positiva. A chi pensa, in altre parole, che la scienza, nella stragrande maggioranza dei casi, faccia bene e non male alla società, sia per le sue innumerevoli ricadute di carattere pratico, sia perché il suo metodo è fonte di valori preziosi come la serietà, l'oggettività, l'onestà intellettuale, l'antidogmatismo.

Ha fatto bene Alison Abbott a sottolineare su «Nature» che il neo premio Nobel per la Medicina, Robert Edwards, oltre a essere il "padre" di quattro milioni di bambini nati grazie alla fecondazione assistita, ha anche il merito di aver aperto la strada alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Un ambito che è fonte di informazioni preziose su come si formano i nostri tessuti, come si ammalano e, speriamo, su come si potranno curare, e a cui è già andato un Nobel, nel 2007, a Martin J. Evans e Oliver Smithie (oltre a Mario Capecchi), che nel 1981 riuscirono a stabilizzare le linee embrionali del topo.

Nel mirino di Stoccolma ci sono anche i due grandi delle embrionali umane vere e di quelle surrogate: James Thomson e Shinya Yamanaka. A quest'ultimo peraltro è stato conferito quest'anno il premio Balzan, che al Nobel ha ben poco da invidiare. Tutti scienziati sensibilissimi ai problemi etici. Ce lo ricorda ancora «Nature»: «Come ha sottolineato la biologa della riproduzione Outi Hovatta, che al Karolinska Institute di Stoccolma ha derivato nuove linee di cellule staminali embrionali umane da embrioni soprannumerari ottenuti durante la procreazione assistita, è stato proprio Edwards il primo, nel 1984, a discutere pubblicamente i benefici di tali cellule per la ricerca medica, e a definire i dilemmi etici che inevitabilmente li accompagnano. Ed era stato altrettanto preveggente nel dichiarare la necessità di una supervisione della propria tecnica riproduttiva, auspicando già nel 1971 l'istituzione di una Authority che vigilasse sulla fecondazione in vitro. Nel Regno Unito la Human Fertilisation and Embryology Authority sarebbe nata 20 anni dopo».

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Tags Correlati: Alison Abbott | Human Fertilisation and Embryology Authority | James Thomson | Livia Turco | Mario Capecchi | Martin J. | Oliver Smithie | Ricerca medica | Shinya Yamanaka | Stoccolma | Wisconsin

 

Benché sia chiara a tutti la delicatezza etica del tema, non si tratta di un campo particolarmente difficile da regolamentare. Sia sul versante della fecondazione assistita (che ha bisogno soprattutto di strutture mediche di qualità) sia su quello della ricerca pura sulle embrionali. Il pericolo piuttosto è che, impugnando una rigorosa etica dei principi, si alimentino problemi etici supplementari e assai più seri di quelli da cui si era partiti. Che poi sono riassumibili in uno: la definizione dello statuto ontologico dell'embrione. Dando per scontato che l'«embrione è una persona» – questione invece a dir poco controversa – e sostenendo con fermezza, contro ogni evidenza (Nobel compresi) che la ricerca sulle cellule staminali embrionali «è inutile», è nata la cosiddetta «via italiana alla ricerca sulle staminali». La ricetta è molto semplice.

La ricerca sulle staminali adulte può sostituire quella sulle embrionali. Addirittura si dice che sono proprio i vincoli etici contrari alle embrionali ad aver fatto fare passi da gigante a questo ambito della ricerca sulle adulte. Come se Yamanaka, colui che è riuscito a far retrocedere una cellula adulta allo stadio di simil-embrionale, non avesse raggiunto questo eccezionale risultato proprio grazie a dieci anni di studio sulle staminali embrionali umane vere! Proprio su quegli embrioni sovrannumerari messi a disposizione dalle pratiche di fecondazione assistita (e non da embrioni creati ad hoc, come sostengono taluni disinformati moralisti).

Yamanaka è giustamente la star del momento, a livello mondiale, per un motivo molto semplice: il suo esperimento del 2007 (e quello simile di Thomson, eseguito in contemporanea a Madison, Wisconsin, capitale della ricerca delle embrionali) è ripetuto e arricchito in ogni parte del mondo. Tutti e tre questi scienziati ritengono comunque che non abbia alcun senso distinguere tra cellule staminali embrionali e adulte e sostenere che la ricerca sulle une è più promettente di quella sulle altre. Pare quasi di sentirli ripetere in coro: «La ricerca deve proseguire in tutte le direzioni!».

La "via italiana" invece sostiene una linea opposta. Una linea strategica, definita saggia e lungimirante, che consiste nel non disperdere i finanziamenti in ricerche "inutili", concentrandone di ingenti su quelle veramente promettenti. Puntiamo solo sulle adulte! I nostri ricercatori, che sono i più bravi del mondo, produrranno risultati meravigliosi oltre che eticamente ineccepibili!

Poiché sono dieci anni che ci si è incamminati per questa via, forse è ora di fare un piccolo bilancio. Il governo italiano emise un bando nel 2001 elargendo 5 milioni di euro, spartiti tra i membri di una commissione autodefinitasi "etica", ma che altro non ha fatto che attribuire a se stessa gran parte dei fondi che avrebbe dovuto distribuire alla comunità degli studiosi. Bisognerà aspettare la finanziaria 2006 per una nuova allocazione di tre milioni di euro per la ricerca (così prioritaria!) sulle staminali. Ma nel 2007 quei fondi corrono un rischio poiché si assiste a un nuovo tentativo, da parte delle star italiane delle staminali, di spartirsi sottobanco questa misera torta.

Tre ricercatori se ne accorgono e informano l'allora ministro della Sanità, Livia Turco, la quale annuncia che si farà un bando regolare e che verranno aggiunti altri 5 milioni di euro. Ecco da dove arrivano gli 8 milioni del bando del governo successivo, con Ferruccio Fazio ministro, emanato nel febbraio 2009. Per una sorta di lapsus – forse anche perché, visti gli sviluppi di questo settore, la cosa appariva senza senso – ci si dimentica della via italiana e in un primo momento il bando riguarda sia le adulte sia le embrionali. Poi surrettiziamente qualcuno – non è dato sapere chi – aggiunge la clausola che esclude dal finanziamento le embrionali. Il bando Fazio si chiude a luglio 2009. Ora finalmente, dopo quattro anni dalla finanziaria del 2006, quei soldi sono stati distribuiti. Speriamo non si sappia in giro per il mondo.

Cioè che non si sappia che i risultati di un bando assolutamente prioritario arrivano quattordici mesi dopo la sua chiusura e che dopo dieci anni a spiegarci quanto sia cruciale e strategico investire in quel campo, facendo i conti, risulta che ai ricercatori finanziati sono arrivati in questi anni le briciole che forse basteranno a pagare il conto della carta igienica dei vari istituti di ricerca, ma che difficilmente saranno determinanti nel produrre risultati. Quanta goffaggine e contraddizioni dietro al sostegno a una ricerca che si vorrebbe proporre come l'unica "etica" (per non parlare del turismo delle staminali che questo comportamento ha generato).

Non ci si può stupire se è sempre più difficile per un italiano vincere il Nobel. Se in un settore strategico, di punta, le cose vanno così, figuriamoci negli altri! La verità è che per avere qualche chance bisogna vivere in un paese in cui si abbia ben chiaro qual è l'intreccio virtuoso, il delicato equilibrio, tra ricerca, etica e ricadute positive per la società.
Era l'intuizione di Alfred Nobel quando fondò il Premio. Ed è difficile pensare a qualcuno che la incarni meglio di Robert Edwards.

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