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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2010 alle ore 08:06.
A Tokio vogliono anche il suono del canto corale italiano. E per cantare con l'etichetta «made in Italy» è nato un «Super-Chorus». A volerlo è stato il governatore della città, Shintaro Ishihara, che ha chiamato per forgiarlo Roberto Gabbiani, già maestro del Coro del Maggio Fiorentino e in partenza per l'Opera di Roma, dove firmerà con Muti il Moïse di Rossini di apertura della stagione. Il «Super-Chorus» ha debuttato con gran successo in due concerti in questi giorni, a Tokio, il terzo è atteso domani.
Perché ha scelto di partire col Requiem di Verdi?
Mi hanno chiamato perché insegnassi i segreti del canto italiano. E il brano che più di tutti lo sintetizza è proprio la Messa di Requiem, scritta per Manzoni, intrisa di gesti del melodramma, ma anche carica di rimandi alla nostra polifonia antica, che Verdi ben conosceva.
Come avete lavorato per creare questo nuovo Coro?
Abbiamo tenuto audizioni per un anno, sono arrivate tantissime richieste. In Giappone il canto è una professione seria, sono arrivati musicisti tutti molto giovani e molto preparati. Abbiamo potuto così alzare il livello della scrematura: alla fine ne abbiamo passati 120, il «Super-Chorus».
Quale era la sua meta con loro?
Trasmettere il mio suono: questo Requiem lo rispecchia. Non è stato immediato, anche perché si è aggiunta la difficoltà del latino.
Progetti per il futuro?
Col «Super-Chorus» i grandi romantici: Schubert, Bruckner e Brahms.
E invece in Italia?
Lascio con rimpianto il Teatro Regio di Torino: non è stato solo un punto di lavoro. Ora si parte con Roma: il 22 ottobre iniziamo. Da dieci anni è la mia città. Ho avuto un primo incontro con il Coro del Teatro e mi ha ben colpito, al contrario di quello che si dice. E soprattutto c'è il piacere di tornare a fianco di Muti.
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