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Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2010 alle ore 06:41.
di Ada Masoero
Era il 1959 quando Giuseppe Panza di Biumo acquistò Kickback, un Combine di Rauschenberg del 1959. Lo comprò a New York da Larry Rubin, dopo aver incontrato l'artista grazie a John Cage. Quell'opera non solo fu la prima delle 11 che sarebbero entrate in Villa Panza, acquistate da Leo Castelli, da Ileana Sonnabend, da Martha Jackson, ma segnò anche l'inizio di un'amicizia vera e profonda fra l'artista americano e Giuseppe e Giovanna Panza, compagna inseparabile delle scorribande americane del marito a caccia di arte: «Quella volta però mio marito era andato da solo – ci racconta, nel soggiorno luminoso di Villa Panza mentre sotto di noi visitatori e scolaresche affollano gli spazi della gran villa settecentesca da loro donata al Fai –. Io ero in attesa di uno dei nostri figli. Ma in seguito lo incontrai e, come Beppe, ne fui sedotta. Diventammo sinceri amici. Era una persona dolce e sensibilissima. Tanto che quando più tardi, in una fase di sua crisi creativa, lo invitai a Varese, lui pianse, e mi rispose "non posso". Sapeva che in quel momento di appannamento non avrebbe potuto rivedere i Combines, così intensi e potenti, senza soffrirne. Noi ne eravamo affascinati perché erano opere fatte di memoria, di ricordi, di vita. C'era sempre la presenza dell'uomo in quei suoi lavori: li amavamo moltissimo. Anche se, lo ammetto, uno di essi mi ingannò: dopo aver avuto i muratori, entrai in casa e vidi in ingresso un secchio. Mi lamentai con mio marito per la sbadataggine degli operai, ma lui sottovoce mi disse: "guarda bene!". Mi accorsi allora che il secchio era legato a una corda e questa a un pannello dipinto: era Gift for Apollo, l'opera con cui nel 1964 avrebbe vinto il Gran Premio per la pittura alla Biennale di Venezia». Le 11 sue opere della collezione Panza sono da tempo fra i vanti del MoCA di Los Angeles, ma lui, Robert Rauschenberg, è di nuovo protagonista in Villa Panza, perché qui si conclude il tour della mostra (curata da Susan Davidson e David White) dei suoi Gluts, dopo la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, il Museo Tinguely di Basilea e il Guggenheim di Bilbao.