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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2010 alle ore 06:39.
«Con certe brache di tela gonfie sul cavallo e strette alla caviglia... e con quelle facce, lì sopra che parevano due pezzi del museo criminale conservati sott'olio». Così Pier Paolo Pasolini descriveva Alvaro e Rocco, due personaggi di Ragazzi di vita (Garzanti, 1955), con la cattiveria divertita di chi però è soggiogato dalla ribellione sinistra e vitale dei proletari dei sobborghi. Un'attrazione che lo spingeva a descrivere la periferia romana, come Testori faceva nella allora nebbiosa Milano del Giambellino. Una "malattia", quella della periferia, di cui il poeta friulano morì la notte tra il primo e il 2 di novembre di 35 anni fa sulla spiaggia dell'idroscalo di Ostia, per mano di uno di quei ragazzi che aveva cantato.
Rocco e Alvaro tornano nella letteratura e nel cinema dei nostri anni, con nomi diversi, ma con le stesse seducenti pulsioni "irreggimentate". Forse ai tempi di Pasolini non si "facevano" di coca, ma come i ragazzi di vita di allora rubano, si vendono, a volte uccidono e si chiudono in bande dai meccanismi animaleschi. "I Rocco e gli Alvaro" in Tiratori scelti (2010, Fandango) di Emmanuele Bianco (classe 1983) si chiamano Shitzee, Fiaba, Gregory e sono ragazzi tra i 20 ai 30 anni, figli di meridionali arrivati a Milano per lavorare e radicati nell'hinterland. Sopravvivono di lavoretti in nero per comprarsi il vestito giusto da esibire in centro al sabato e per la coca. «Tiriamo un'altra riga. Incendia il naso... E questa è magia... E c'è il paese esattamente alla periferia del mondo, uguale in tutti i posti del mondo, laddove la magia si ripete con naturalezza, quasi come fosse una cosa banale, senza lasciare tracce delle vite che si porta con sé», scrive Emmanuele Bianco con uno stile tra il triviale e il lirico, mai scontato. Potrebbe essere lo stesso côté di Pietro di Daniele Gaglianone (uscito il 20 agosto scorso per Lucky Red). Pietro è forse un diversamente abile o solo un debole usato come fenomeno da baraccone da una banda di ragazzi di periferia per mimare volgarità, sotto l'incitazione del fratello drogato. Oppure potrebbe essere il quartiere dormitorio, pulito, dignitoso, ma in affanno economico di Cosa voglio di più (uscito il 30 aprile per Warner Bros) di Silvio Soldini, dove la passione rompe matrimoni, si consuma in squallidi motel e poi naufraga perché l'amore è un lusso per ricchi.