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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2010 alle ore 22:12.
Un viaggio nel soprannaturale, per entrare nel magico mondo di Federico Fellini. È al grande maestro riminese, in occasione di quello che sarebbe stato il suo novantesimo compleanno, che è dedicata la mostra «Labirinto Fellini».
Un'esibizione che nasce da una costola del Festival del Cinema di Roma, quest'anno dedicato alla «Dolce Vita» che a sua volta compie cinquant'anni, e che prende vita al Museo Macro, nei 3 mila metri quadri di spazi espositivi della Pelanda. Una location che si presta magnificamente per rappresentare il labirinto come tema felliniano, d'altra parte lo stesso regista lo utilizzò per un episodio di «Bloc notes di un regista».
Labirinti di scenografie, come quelli che ricorrono spesso nella poetica del Maestro con la manifesta ambizione di far sentire il visitatore sul set di un film di Fellini. Il dedalo di stanze o di strade in cui i protagonisti si perdono senza necessariamente ritrovarsi. Perché a volte il labirinto per Fellini è senza uscita, come lo spazio sottostante il palco dove Roberto Benigni si perde ne «La voce della luna»
La mostra si compone di due parti, che si integrano a vicenda. La prima, curata da Sam Stourdzé, dal titolo «La Grande Parata» vuole far entrare nel mondo interiore del registaattraverso le sue ossessioni ricorrenti. Come per esempio la parata: quell'indimenticabile carosello finale di «8½», in cui le creature fantastiche del circo felliniano girano in tondo attorno al protagonista Guido, accompagnati dalla musica di Nino Rota. Una sezione che si dipana attraverso i ricordi originali, le copertine dei rotocalchi, le fotografie, gli spezzoni, i disegni del Maestro.
Con la seconda sezione si entra nel sogno, con un'installazione curata dai premi Oscar, Dante Ferretti e Francesca Loschiavo. Scenografie in scala reale, suoni e luci che pervadono tutti i sensi, facendo sentire al visitatore un senso di smarrimento, come in un labirinto, reso ancor più suggestivo dall'ambientazione della Pelanda (la sezione del vecchio mattatoio dove anticamente si tosavano i maiali). Si incontrano per primi i paparazzi della «Dolce vita», un film tutto costruito su episodi raccontati dai rotocalchi di quegli anni (come si vede nella sezione iniziale della mostra).