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Cultura-Domenica Libri

Clancy Martin, ex gioielliere e filosofo: «Il più bravo venditore di Rolex? Sarebbe Schopenauer»

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2010 alle ore 15:50.

C'era una volta, giù in Texas, un giovane apprendista gioielliere. Poi si iscrisse a filosofia, nel giro di qualche anno ottenne una cattedra da professore associato presso l'Università del Missouri e, proprio raccontando i suoi trascorsi tra Rolex da piazzare, venditori spregiudicati, cocainomani e donne sempre disponibili, divenne un caso letterario. Negli States succede anche questo. Vedi alla voce Clancy Martin: nel 2009 è autore del romanzo autobiografico «Come si vende» che adesso Adelphi propone per la prima volta al pubblico italiano (pp. 288, euro 18).

Un libro che anche qui da noi si candida a diventare un must per manager e no global, per chi il mondo degli affari lo idolatra e per chi lo disprezza, per chi sta idealmente dalla parte di Sarah Palin o di Noam Chomsky. Coincidenza degli opposti, una volta tanto, perché alla base dell'opera c'è un assunto molto semplice quanto efficace: «Dietro ogni tipo di business c'è sempre un po' di raggiro». Che vi piaccia o no.

Martin, quanto c'è di autobiografico in «Come si vende»?
Soprattutto la prima metà del romanzo è molto autobiografica, sebbene… io non abbia mai rubato la fede nuziale di mia madre. Ho consumato il mio apprendistato presso un megastore texano i cui proprietari, per un motivo o per un altro, sono finiti in una prigione federale con vari capi d'imputazione, fu un grande colpo per l'Fbi. Con mia somma felicità, in quel periodo non mi trovavo più a lavorare lì, ero al college a imparare cose su Hegel, Benedetto Croce, Nietzsche.

Adesso è un professore associato di filosofia. Esiste un collegamento tra insegnare Platone e vendere gioielli?
Assolutamente. Parte del mestiere di insegnante consiste nel vendere: ogni onesto professore che sia capace nel suo lavoro te lo confermerà. Devi restituire vita alla tua materia, proprio come faresti con qualcosa che devi vendere - in special modo i gioielli, così costosi e apparentemente inutili - prima che qualcuno se ne appassioni. Inoltre, la filosofia in particolare ha sempre provato a stimolare le persone attraverso il regno dei valori, attraverso il mondo evanescente degli ideali, attraverso i misteri più profondi: non puoi vendere una collana di smeraldi da centomila dollari dicendo a qualcuno che assomiglia terribilmente a un minerale verde, il berillo. Devi invece pizzicare le sue corde spirituali. Platone sarebbe stato un meraviglioso venditore di gioielli. Aristotele, invece, avrebbe rappresentato la fine del business della vendita all'ingrosso.

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Tags Correlati: Adelphi Edizioni | Benedetto Croce | Benvenuto Cellini | Cultura | Ermenegildo Zegna | FBI | Gucci | Martin Clancy | Massimiliano Vitiello | Noam Chomsky | Paul Smith | Sarah Palin | Stati Uniti d'America

 

«Come si vende» è un romanzo di formazione i cui personaggi sono spesso guidati da cinismo e brama di ricchezza. Può essere considerato una metafora dell'America contemporanea?
Certo. È stato concepito proprio in questi termini. Si spera poi che i personaggi portino con sé qualcosa in più. Qualcosa che ha a che fare con l'amore, con il modo in cui l'amore combatte contro il mondo materiale e soffre sotto di esso, con il modo in cui la passione ci guida a vincere, ma ci distrugge al tempo stesso. Il mondo in cui Bobby, il protagonista, si ritrova è puro cinismo americano da business. Ne rimane travolto, in parte, perché lui è canadese e non è stato allevato per tutto ciò, ma i suoi tentativi di fuga sono motivati dall'amore (e da una sorta di bisogno di autenticità che è avvertito, io spero, dal Bobby narratore se non dal Bobby più giovane che lui racconta).

Il libro abbonda di descrizioni tecniche sui gioielli, eppure riesce ad appassionare anche i lettori abitualmente non interessati ad argomenti del genere. Come mai?
Le persone che comprano gioielli importanti, i migliori in assoluto, in realtà stanno comprando delle storie. Ma noi non vogliamo storie che abbiano a che fare con le cose, quanto piuttosto con le persone. Ho sempre detto ai miei addetti alle vendite: «Fate finta che questo oggetto - che sia un anello, un orologio o un braccialetto - sia una persona. Che genere di persona sarebbe? Ora, questa persona come riesce a sedurvi? Cosa fa per farvi innamorare?». Se un cliente crede che comprando un oggetto aggiungerà romanticismo, passione, amore, spiritualità alla sua vita, pagherà più o meno qualsiasi cifra per esso. Amavo i gioielli quando li vendevo, sebbene all'epoca fossero simbolo di qualcosa che temevo e odiavo pure (come qualsiasi buon amante). Così, mentre scrivevo di gioielli, mi tornava in mente che cosa significava innamorarsi di un modello, prima di lasciare che quello stesso modello seducesse qualcun altro.

Leggendo il libro si ha come la sensazione che gioielli, sesso, soldi, esibizionismo e disonestà siano intimamente collegati. Cosa tiene insieme questi elementi?
Non è forse vero che questi elementi si appartengono l'un l'altro? Non è per caso il prestigio ciò a cui lei fa riferimento? E non è forse vero che l'etica commerciale americana lo ha trasformato in estetica? Thorsterin Veblen ci ha insegnato che nel cuore del capitalismo c'è il concetto di consumo cospicuo. L'elemento a cui non dava il giusto rilievo era il sesso. Come spesso abbiamo avuto modo di vedere, il business in America - molti miei amici del settore direbbero ogni tipo di business - è costruito su complicati strati di raggiro. I gioielli rappresentano un distillato di illusione, sesso e soldi. Sono capitalismo più sesso. E così arriviamo alla cultura americana, a un genere unico di prestigio che è in particolare il prestigio della ricchezza.

Il lettore italiano cosa apprezzerà di «Come si vende»?
Un mio amico italiano, Massimiliano Vitiello, studioso di tarda antichità e storia romana, quando gli raccontai che ero stato gioielliere subito mi chiese: «14 o 18 carati?». Nessun americano sarebbe mai stato in grado di farmi una domanda del genere. Questo perché gli italiani hanno la cultura dei gioielli nel sangue, è stato così per secoli: gli italiani comprendono il sesso e lo stile meglio di qualsiasi altra civiltà sulla terra. I più grandi disegnatori di gioielli sono sempre stati italiani. Si pensi Benvenuto Cellini. Per non parlare di Bulgari e molti altri. Per quanto mi riguarda, indosso solo abiti italiani, anche se sono un semplice professore. In questo momento porto scarpe Gucci e ho sulle spalle una giacca di Zegna. Devo confessare che la cravatta è Paul Smith ma… si tratta di una concessione ai miei fan inglesi che pure sanno un paio di cose a proposito di moda maschile.

Un'ultima domanda, un po' più frivola: quale filosofo avrebbe meno difficoltà a vendere un Rolex President?
Di sicuro Schopenauer. Quell'uomo nutriva il più totale disprezzo verso i beni materiali, a dispetto (o forse a causa) della sua ricchezza di borghese tedesco arrivato. Per vendere un Rolex President senza grandi sforzi devi soltanto comunicare al tuo acquirente che quell'orologio non significa niente per te: allora percepirà che potrà ottenere la stessa levatura, la stessa consapevolezza di rango acquistandolo. Percepirà che quello lì sarà il suo giocattolo, proprio come lo è per te: che siamo i padroni del mondo, noi due insieme: che ci ergiamo su di esso come due conquistatori. Lasciamo che tutti quanti ci amino e si disperino!

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