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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2010 alle ore 16:58.

Tre monologhi. Tre storie. Tre personaggi estremi. Accomunati dal sacrificio di sé stessi per un ideale, una fede, un sentimento, perseguiti fino in fondo. Un fondamentalismo di carattere religioso, politico, artistico. Poco importa di che natura. Vale il gesto vitale, la scheggia che si stacca dal consorzio umano e si conficca nella carne fino a lacerarla, a farla urlare. Fino a far sentire quel grido, imprimerlo, per mostrare che si può vivere e morire per una causa.

Quello del fondamentalismo è il tema e la sfida lanciata da Antonio Latellacon la neonata compagnia del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli. La ricerca cioè di un linguaggio che possa urtare, sperimentare. Ed esigere. Dagli autori anzitutto, chiamati a cimentarsi con scritture ad hoc; dagli attori, anch'essi responsabili nello sforzo di tradurre in scena la durezza della parola; dai registi, lasciati liberi di creare, rischiare, sbagliare; e dagli spettatori ai quali viene chiesto un ascolto critico, sacrificale.

Assistendo a tre dei sei monologhi si comprende il nome di Teatro Anatomico che racchiude l'intero progetto. Perché è la parola ad essere vivisezionata nei corpi degli interpreti che diventano mappe vive di una scrittura dal forte segno, quasi un bisturi che affonda dentro il pensiero e seziona l'anima. In questo viaggio abbiamo incontrato due figure storiche, Rosa Luxemburg e Simone Weil, e una letteraria, Hans, il protagonista di «Opinioni di un clown» di Heinrich Boll.

Valentina Vacca in «La fame», di Linda Dalisi, dà voce a Simone Weil. Collocata all'interno di una teca semitrasparente - prigione, serra, stanza - la filosofa si immedesima in una principessa costretta a cucire e a non parlare con nessuno per salvare i suoi fratelli da un terribile sortilegio. Questo sacrificio del suo corpo lo identifica con lo spezzare del pane che vorrebbe distribuire a tutti. Si sente Cassandra, Aiace, Antigone e molti altri. Ma anche Parigi, Londra, New York. Accoglie tutti i luoghi e le storie del mondo.

È una donna assoluta alla ricerca della verità, del Bene assoluto, di un pensiero non addomesticabile che diventa empito mistico nel riconoscimento dell'esistenza dell'altro. La regia di Agnese Cornelio non considera la difficoltà visiva e uditiva a cui sottopone il pubblico ingabbiando la bravissima Valentina Vacca nella scenografia sopra descritta- in realtà un'installazione, e allora l'uso sarebbe ben altro - costringendola a sforzi vocali ed espressivi.

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Tags Correlati: Agnese Cordelio | Agnese Cornelio | Antonio Latellacon | Buster Keaton | Caterina Carpio | Daniele Fior | Heinrich Boll | Napoli | Opinioni di un clown | Teatro

 

L'altra figura, di ardua traduzione drammaturgica e scenica, è Rosa Luxemburg interpretata da Caterina Carpio e diretta da Paula Diogo. Nel dare corpo alla rivoluzionaria tedesca di origine ebraica per raccontare il fondamentalismo di chi sacrifica il dono prezioso della vita per le proprie convinzioni politiche, l'attrice romana distilla corde emotive trattenute in una tensione che scioglie man mano, e che fa scorrere dal suo corpo tutto nervi sul lungo tavolo grigio dove traccia segni e parole, scrivendo lettere ad amici, dando voce al silenzio interiore ed esteriore di quella prigione dove il tempo è scandito da una voce fuori campo.

Piange e ride contemporaneamente, parla da sola, si denuda, si rivolge a qualcuno che non c'è, rilegge e riscrive ripetutamente le stesse parole cercando di aggiustarle e perpetrarle nel tempo, apparecchia e subito sparecchia la tavola minuziosamente, per molti invitati invisibili trasformati in insetti, per brindare infine alla «maledetta politica». Ottima messinscena e interpretazione, ma per chi non conosce bene la storia della protagonista il testo si rivela alquanto criptico.

Bravissimo infine Daniele Fior in «Misfit like a clown», testo che focalizza il fondamentalismo del disertore, di colui che, non accettando la perdita del grande amore, tenta di ribellarsi andando contro il sistema per riprendersi la persona più cara al mondo, portata via e plagiata dai salotti borghesi del dopoguerra. «Sono un clown e colleziono attimi» ripete questo buffo e serio Buster Keaton che persegue la sua legge interiore. Inerme senza il suo naso rosso si muove fra un mobiletto affollato di telefoni e il lancio di enormi dadi che lo rendono una pedina nel grande gioco della vita.

"La fame", "Rosa Lux", "Misfit like a clown",
di Linda Dalisi; regia di Agnese Cordelio, Paula Diogo, Linda Dalisi.
A Modena per Le vie dei Festival, e a Napoli al Nuovo teatro Nuovo.
www.nuovoteatronuovo.it
www.viefestivalmodena.com

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