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Cultura-Domenica Cinema

Crolla la «Schola», vergogna

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2010 alle ore 11:17.

«Una vergogna per l'Italia». Non usa mezzi termini, il presidente Giorgio Napolitano, per commentare il crollo della Schola Armaturarum nella zona archeologica di Pompei. «Chi ha da dare delle spiegazioni – ha dichiarato il capo dello Stato – non si sottragga al dovere di darle al più presto. E senza ipocrisie». È il secondo incidente del genere in meno di un anno. Segno che le abbondanti piogge dei giorni scorsi non possono bastare a spiegare un fatto del genere. E la questione, da storico-cultrale, si fa materia incandescente di scontro politico, con l'opposizione che, Bersani e Casini in primis, si associa alle parole del capo dello Stato e attacca tanto il ministro per i Beni culturali Sandro Bondi, quanto la politica dei tagli di Tremonti.

Lo stesso Bondi, che oggi sarà a Pompei per un incontro con i responsabili dell'area archeologica, ieri ha ammesso che «servono risorse adeguate per la manutenzione ordinaria, necessaria alla conservazione e tutela del nostro patrimonio artistico», aggiungendo tuttavia di evitare polemiche «inutili e strumentali» e spiegando che il crollo è stato causato da uno smottamento in seguito alle piogge. «A collassare – ha detto – sono state le murature verticali ricostruite negli anni Cinquanta». Dunque il disastro sarebbe imputabile in parte al restauro in cemento armato compiuto mezzo secolo fa.

Una spiegazione che non sembra aver convinto l'opposizione al governo, tanto che il Pd ha chiesto al ministro di riferire in Parlamento sulla questione. E critiche sono arrivate anche dalle associazioni ambientaliste e dalla Confederazione italiana archeologi, che vedono nella politica dei tagli alla cultura e delle strutture commissariali per la gestione degli scavi di Pompei la causa del progressivo degrado dell'area. Mentre il sindaco di Pompei, Claudio Alessio, parla di «un crollo annunciato, colpa di un intero sistema che ha sottovalutato questo grande patrimonio». Il 18 gennaio scorso, sempre lungo via dell'Abbondanza, una delle principali della città vesuviana, era collassato un muro perimetrale dell'insula dei Casti Amanti. Ma ieri a crollare è stato un intero edificio, quella «Schola» dove la gioventù pompeiana si riuniva e si addestrava alle armi. Fortunatamente l'incidente, avvenuto di mattina presto, non ha fatto vittime. Se ne sono accorti i custodi al loro arrivo e l'area è stata subito transennata deviando il flusso turistico. «Però si è perso un edificio unico», commenta il direttore generale per l'archeologia del Mibac Stefano De Caro. «L'unica testimonianza giunta fino a noi di un luogo di riunione della gioventù armata istituita dall'imperatore Augusto». Una sorta di casa della Gioventù del Littorio ante litteram, fatta di un unico ambiente molto ampio affrescato con immagini di vittorie all'interno, e all'esterno con insegne militari.

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Tags Correlati: Beni culturali | Claudio Alessio | Corte dei Conti | Gianfranco Cerasoli | Giorgio Napolitano | Italia | Marcello Fiori | Mibac | Pd | Sandro Bondi | Stefano De Caro | Uil

 

Ora le indagini dovranno accertare se la causa del crollo è davvero da attribuirsi alle forti piogge dei giorni scorsi, che avrebbero provocato infiltrazioni d'acqua tali da indebolire il terreno, crollato sotto il peso del corposo tetto in cemento realizzato durante i restauri del dopoguerra. Le case di via dell'Abbondanza hanno alle spalle un alto terrapieno, area della città non ancora scavata, che "spinge" costantemente su di loro. Ma allora perché non si era previsto il rischio? «E pensare che sette mesi fa è stato persino ripristinato l'asfalto di copertura del tetto, opera di manutenzione ordinaria», ricorda Gianfranco Cerasoli, segretario generale Uil beni culturali. «Fatta durante la gestione commissariale», sottolinea. È una nuova accusa per il commissario della protezione civile Marcello Fiori il cui mandato, scaduto nel giugno scorso, è stato già messo in discussione dalla Corte dei Conti che ha giudicato inesistente il dichiarato «stato d'emergenza» e il «grave rischio» che hanno portato al suo insediamento.

Chissà se, a fronte dell'«emergenza» e grazie alle ampie risorse economiche a disposizione, il commissario ha avviato un'utile opera di monitoraggio dello stato di salute degli edifici della città. Un'opera indispensabile a prevenire in futuro ulteriori gravi danni. A intervenire dov'è realmente necessario e urgente, prima che altrove. Sempre che si chiarisca al più presto chi dovrà farlo, visto che la città vesuviana (e Napoli con lei) ha cambiato tre soprintendenti in un anno e l'ultimo mandato è già in scadenza. Mentre si parla da tempo di istituire una fondazione, e dal 5 agosto un'apposita commissione ministeriale sta studiando la cosa. Si parla e intanto le case crollano. Di nuovo: chissà.

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