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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2010 alle ore 06:40.
Un convegno dove parla Claudio Abbado? Corriamo subito. Dove parla di orchestre e cori di bambini, e ci mette la sua parola e la sua firma, affinché tutto diventi in breve tempo un fatto concreto? Voliamo. Il tutto avverrà sabato e domenica prossimi, 13 e 14 novembre, in quell'oasi meravigliosa di musica e cultura che è Fiesole. Da anni qui, sotto l'ala di Piero Farulli, ora affiancato dalla direzione artistica di Andrea Lucchesini, si tengono corsi di base e di perfezionamento, per tutti, che sbocciano nel fiore all'occhiello dell'Ogi, l'Orchestra Giovanile Italia. Il progetto di Abbado è in sostanza quello di estendere il modello Fiesole a tutta l'Italia. In particolare alle periferie, abitate dal disagio, dalla criminalità. E lì il modello scelto come straordinario ed efficientissimo esempio è quello del "Sistema" venezuelano, inventato nel 1975 dal musicista e filantropo José Antonio Abreu.
In questi anni lo abbiamo potuto conoscere bene, perché la formazione scelta, plasmata da questa piramide dell'educazione musicale, è venuta spesso a suonare in Italia e in Europa, incide dischi per la prestigiosa etichetta Deutsche Grammophon, ha forgiato due giovani direttori, Gustavo Dudamel e Diego Matheuz, che sotto ai trent'anni hanno ricevuto occasioni e riscosso consensi, come non capita ai loro coetanei del vecchio mondo.
Abbado si è letteralmente innamorato del Sistema: era a Caracas, nel 1999, per dirigere dei concerti con la sua scelta orchestra giovanile, la Gustav Mahler Jugend Orchestra, e ha incontrato Abreu, figura sottile, fascino da guru. Nel '93 era già stato premiato dall'Unesco, nel 2010 avrebbe ricevuto dalle mani del Presidente Napolitano la nomina a Cavaliere di Gran Croce, la massima onorificenza del nostro Stato. Abreu, studioso di economia e per un periodo anche ministro della Cultura in Venezuela, ha inventato una rete di orchestre e cori per i giovani, nel suo paese, che partono a piramide dai quartieri più degradati e poveri, e dai bambini più piccoli.
La carta vincente del Sistema Abreu è il gioco di squadra: i suoi bambini non cantano, non suonano mai da soli: da subito vengono messi insieme. Imparano la musica insieme. E mentre articolano un passaggio o intonano una frase si passano l'un l'altro un messaggio che va oltre la musica. Abbado la riassume così: «La musica è una delle migliori terapie che esistano. L'ho provata anche io». Studi documentati hanno dimostrato che in Venezuela, dove le orchestre e i cori infantili hanno messo radici, la criminalità si è allontanata. I bambini dei barrios, che avevano la polvere della strada come casa, adesso hanno il loro strumento da abbracciare: una ricchezza. E il loro strumento porta una storia che viene da un mondo lontano – il nostro – dove ci siamo dimenticati da tempo che la musica faceva parte delle discipline di base nella formazione della persona. Dove saper cantare, leggere uno spartito, aprire insieme le custodie degli strumenti, sedersi ai leggii, erano impagabili gesti di civiltà.