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Le scommesse di Elon Musk, il numero uno di Tesla. Mi fa l'elettropieno?

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 12:03.

Tra le cento persone più influenti del 2010, la rivista Time ha inserito un uomo dal multiforme ingegno. Si chiama Elon Musk, ha 39 anni, è sudafricano ma vive negli Stati Uniti. Con la sua azienda spaziale (SpaceX) progetta gli shuttle che ci porteranno su Marte, è chairman della compagnia che rifornisce di pannelli solari gli Usa (Solar City) ed è il numero uno di una start up della Silicon Valley (Tesla) che fa auto sportive elettriche, vende tecnologia — tra gli altri — a Toyota e Mercedes ed è entrata con successo in Borsa a giugno, prima azienda automobilistica americana quotata dopo la Ford nel 1956.

Multiformi sono anche le sue occupazioni. Una giornata tipo? Si alza, controlla la posta, fa la doccia, va in ufficio, pranza in 10 minuti, spesso 5, esce alle 8-9 di sera, se ha i bambini sta con loro per un paio d'ore, poi torna al lavoro fino all'una di notte. Per fortuna non è più impegnato nella sua prima avventura imprenditoriale, passata a eBay nel 2002 per 1,5 miliardi di dollari (PayPal).

A vederlo di persona non sembra quel personaggio del futuro che il regista Jean Favreau ha voluto incontrare per rendere il suo Tony Stark nel film Iron Man più reale e credibile. Lui ci ride sopra: «Tony Stark? Ci occupiamo entrambi di high tech. Siamo entrambi ceo e sviluppatori del prodotto. Con SpaceX sono sia il capo designer dei razzi sia il numero uno dell'azienda. Poi siamo anche diversi: Stark è famoso per essere un playboy mentre io sono sposato e ho cinque figli. Anche a me piacciono le feste, certo. Ma devo lavorare molto più di quanto lui faccia nei film». Ride ancora, sonoramente.

Altissimo, paziente, aria da ragazzino. Eppure considera suoi ispiratori gli «uomini che nel passato hanno dato inizio a grandi imprese: Edison, Nikola Tesla, Newton, Einstein, Magellano, Amerigo Vespucci, Colombo, ma anche Gutenberg, Churchill, Shakespeare, Leonardo da Vinci». Non esattamente qualche professore del liceo. Per fare la rivoluzione è passato dai pagamenti virtuali di PayPal al manifatturiero evoluto di razzi e auto. Un bel salto: «Voglio occuparmi dei settori che riguardano il futuro», ribatte. Del resto due sono i punti fissi del suo programma, che sono anche i "piccoli" sogni nel cassetto di un ragazzo della Silicon Valley: sviluppare energia sostenibile e portare l'uomo nello spazio. «È importante imboccare la strada che conduce alla civiltà multiplanetaria per far diventare vere le cose che la fantascienza ci mostra da tempo: dobbiamo abbassare i costi spaziali almeno di cento se non di mille volte. È la direzione in cui si sta muovendo anche SpaceX. Per la prima volta, in quattro miliardi di anni abbiamo la possibilità di andare oltre la Terra, su altri pianeti: è la chance che ci serve per assicurare prosperità e sopravvivenza a lungo termine alla vita così come siamo abituati a conoscerla».

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Sembra una contraddizione adoperarsi per l'energia pulita e poi aspirare a portare l'umanità nello spazio, operazione senz'altro dispendiosa. Ma Elon Musk non ha titubanze: «Il problema non è come usare l'energia, ma farlo in modo sostenibile. Ce n'è così tanta nel mondo! Noi stiamo solo scegliendo le vie più facili per sfruttarla: petrolio e carbone. Ma se cominciamo a parlare di solare, idroelettrico, geotermico, nucleare, allora non ci sarà mai carenza».

Alle obiezioni degli scettici dell'auto elettrica, che contestano un'insostenibile richiesta energetica se tutti ne avessero una, risponde: «Rispetto a quella che potremmo sviluppare dal sole, l'elettricità che usiamo è minima. È lo 0,01-0,1 per cento al massimo. La nostra stella ci fornisce tutta l'energia necessaria. L'intero ecosistema vive grazie al sole, con piccole eccezioni come alcuni batteri chemiotrofi in fondo all'oceano. La soluzione per il futuro sono le auto elettriche a energia solare. Basta così poco per ricaricare la Tesla Roadster: con un pannello di cinque metri per tre si possono percorrere almeno 340 chilometri». Così Musk risponde in parte ai dubbi sollevati sul numero dell'Economist di metà ottobre: il settimanale inglese si è chiesto in che modo le auto elettriche possano essere green, in termini di risparmio di Co2, se dipendono anche da fonti non rinnovabili e se sono molto costose da produrre.

La strada per una completa sostenibiltà sembra essere ancora lunga. Qualcosa però si muove. Per restare nella galassia Musk: nel luglio scorso Solar City ha cominciato a montare sistemi fotovoltaici sulle filiali californiane della banca europea Rabobank, che ospitano anche una stazione di ricarica "pulita" per le auto elettriche. Si tratta di nicchie, come tale del resto è la scala industriale in cui si sta muovendo Tesla: fondata nel 2003 a Palo Alto, dal 2008 ha consegnato 1.300 Roadster e stima di continuare a venderne 6-800 all'anno. Per la nuova Model S, una berlina sviluppata autonomamente (la prima Roadster Musk l'ha disegnata sul telaio della Lotus Elise) che può arrivare fino a sette posti e verrà prodotta a partire dal 2012, si ipotizzano 20mila pezzi all'anno (è già stata prenotata online da tremila persone).

Perché Elon Musk abbia cominciato la propria avventura nei motori con una sportiva da (almeno) centomila dollari è un fatto di economie di scala: «Ho pensato che i ricchi in fondo non hanno mai abbastanza auto sportive», scherza. Poi spiega: «Per sfornare utilitarie bisogna avere da una parte massa critica e dall'altra il tempo necessario a sviluppare la tecnologia. Pensiamo ai telefoni cellulari: all'inizio avevano 30 minuti di autonomia, erano ingombranti e costavano migliaia di dollari. Oggi chiunque può permetterseli. All'inizio, con Tesla, volevamo solamente far funzionare la nostra idea. La prima vettura, qualunque forma avesse avuto, sarebbe stata costosa. Così abbiamo deciso di puntare su un modello che facesse concorrenza a un'auto a benzina. Ecco dunque la Roadster», che richiede 1,5 pence a miglio contro i 32 delle colleghe. «È un po' il nostro Apple I», l'antesignano dei computer con la mela, spiega Musk. Il suo piano ha tre tappe: «Partiamo da poche auto costose, passiamo per un modello medio (la Model S costerà circa la metà della Roadster), infine arriviamo a prezzi bassi e grande diffusione tra almeno sei anni». È in quest'ottica il recente acquisto per 42 milioni di dollari dello stabilimento di Fremont, California.

Musk vede la propria azienda, che annovera tra gli investitori anche i fondatori di Google, più come Apple, Intel e Cisco che come Ford. Il colosso di Cupertino è un riferimento anche per la tecnologia: per Musk l'avvento delle batterie agli ioni di litio, insieme alla diffusione su larga scala dei gadget elettronici — dai laptop ai cellulari — ha impresso allo sviluppo del battery design l'accelerazione che ha reso possibile la vendita delle auto elettriche, i cui prototipi risalgono addirittura ai primi del Novecento.

Occupandosi di futuro, Elon Musk non può fare a meno di immaginarsi tra qualche secolo: «Guardando indietro, quali sono stati i meriti di Tesla? Aver contribuito ad anticipare di 5-10 anni la diffusione dell'auto elettrica, spero. Tutto tempo a beneficio dell'ambiente».

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