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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 12:11.

Alla fine, è tutta una questione di sogni. E di poster. Come sa Maria Celeste Celi, la direttrice della casa famiglia di Messina, da dove Ruby è scappata. Per questo, proprio nei giorni in cui Karima Rubacuori raccontava le sue gesta di Cenerentola ad Arcore, alle altre ragazze ha voluto far vivere da vicino un'altra fiaba, diversa. Dove una giovane, con un passato sbandato e due figli, si conquista una vita normale, con una panetteria da gestire e una casa da condividere.

E nel pieno dell'ultimo sexygate, quei fiori d'arancio nella comunità Cirs significano «che un'altra magia è possibile: non solo l'invito a un ballo di un uomo facoltoso, ma la soddisfazione di un proprio percorso», riflette la direttrice, preoccupata per un effetto emulazione. Perché agli occhi di queste donne «solo la ricchezza è lo strumento per raggiungere lavoro e famiglia. E la tv diventa la corsia preferenziale. Così — continua — se desiderano fare i carabinieri è solo perché c'è il telefilm», come mostrano i poster appesi al muro nelle stanze.

Una divisa si è trovata di fronte Ruby, in quella sera del fermo in questura. Una divisa come quella che lei stessa ha dichiarato di voler indossare da grande. Era la divisa di Giorgia Iafrate, il commissario di turno la notte tra 27 e 28 maggio: giovane, ma già con esperienza. Ha dovuto districarsi tra le telefonate delle alte sfere, le comunicazioni interne e quelle col pm minorile, un'altra donna: il faro per entrambe sono state le regole. Per questo era sicura di sé il commissario nel momento in cui ha avuto di fronte, in un interrogatorio complicato, il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, la donna che guida l'antimafia di Milano.

Ilda la Rossa, il magistrato che ne fece arrestare un altro quando indagava su toghe sporche e sentenze vendute, dopo essere passata per i misfatti della Duomo Connection (1) e il lavoro con Giovanni Falcone. E la foto del giudice dilaniato dal tritolo della mafia è come una medaglia, sulle pareti del suo ufficio. Ilda «la tosta», come la chiamavano nelle intercettazioni i boss di ‘ndrangheta che ha fatto catturare.

Chissà se quella sera Ruby ha riconosciuto qualche volto, che in tv c'è passato. E chissà se mentre veniva identificata, ha pensato alla sua idea di fare il carabiniere. Se ora l'Italia alla guida del Paese avesse una donna, come il Brasile con Dilma Roussef, lei e le sue coetanee sognerebbero più spesso altri mestieri? Tacchi, rossetti e scollature colorano anche i corridoi al neon di Palazzo di Giustizia, con donne che sono magistrati, avvocati, cancellieri. «In genere le più severe», recita la vulgata del Palazzo, dove nessuno si sognerebbe di pensare «al corpo femminile come pubblico demanio».

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Tags Correlati: America del Sud | CGIL | Confindustria | Cultura | Fininvest | Giorgia Iafrate | Irene Tinagli | Italia | Margaret Tatcher | Maria Celeste Celi | Mondadori | Nassiriya | PDL | Rita Levi Montalcini | Striscia la notizia | Susanna Camusso | Vittorino Andreoli

 

Negli ambienti della magistratura e delle forze dell'ordine — anche se le donne vi sono entrate in ritardo — i rapporti sono alla pari e non ci sono le belle figurine «piegate a strumentale decoro televisivo», per dirla con Michela Murgia, scrittrice vincitrice del Campiello e severa castigatrice del re dei salotti televisivi, Bruno Vespa, quando nella serata clou del premio «invitò le telecamere ad inquadrare il décolleté di Silvia Avallone», altra autrice. In tutto questo, c'è chi come lo psichiatra Vittorino Andreoli, vede il frutto pure «di campagne pubblicitarie, dove una donna è tutt'uno con la carrozzeria di un'auto».

O il pensiero dominante dilagato dopo anni di concorsi per la selezione della bionda e della mora di Striscia la Notizia. Eppure le svolte epocali sono avvenute, nota il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, commentando l'elezione di Susanna Camusso a neo segretario della Cgil. «Forse il nodo è anche una questione di minuti sullo schermo», si sente dire nei commenti delle "altre donne": quelle con le stesse gambe lunghe e lo stesso gusto di piacersi, senza però pensare che solo con i tacchi a spillo si arrivi lontano. Un dibattito che agita non di rado le falangi del Pdl, dove per prima Barbara Contini, già governatore di Nassiriya in Iraq, ha posto il tema del corpo delle donne, sollevato anche con l'elezione a consigliere regionale di Nicole Minetti, igienista dentale di Berlusconi, ora coinvolta nel caso Ruby.

Allo stesso modo, la questione degli stiletti attraversa altri ambienti, come l'economia. Dove ugualmente il cammino in rosa è cominciato in ritardo, ma che ora vede Emma Marcegaglia alla guida di Confindustria, Federica Guidi presidente dei giovani industriali, Giulia e Jonella Ligresti ai vertici della galassia di famiglia, per non parlare di Marina Berlusconi, che con Fininvest e Mondadori è il primo nome italiano nelle classifiche delle donne più potenti al mondo. In nome del merito si batte Irene Tinagli, docente all'Università di Madrid, come nel nome delle donne ha messo insieme un gruppo su Facebook la regista Cristina Comencini (2).

«Sono tutte donne belle e ricche. Oltre che intelligenti. Ma quante ragazzine conoscono Rita Levi Montalcini o la grande regista siciliana Emma Dante?», si chiede un'insegnante di una scuola media del Beneventano. Nella sua classe, quando ha spiegato la guerra nell'ex Jugoslavia ha parlato di Carla Del Ponte, che da procuratore al Tribunale Internazionale dell'Aja ha condotto i processi contro Milosevic. «Lei è più famosa delle veline», ha raccontato alle sue alunne, a cui ha portato i ritagli dei quotidiani sull'elezione della terza "presidenta" dell'America Latina, Dilma Roussef. «Ma quando ho chiesto loro cosa sapessero dei Clinton, mi hanno tirato fuori Monica Lewinsky. E non Hillary, segretario di Stato». A quel punto alla combattiva insegnante sono "cadute le braccia". Ma nella prossima gita scolastica a Londra, al Museo delle Cere, ha già pronta la storia di Margaret Tatcher. «In attesa di un primo ministro italiano-donna», sorride.

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