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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2010 alle ore 14:39.
Li riconosci subito, gli animi romantici dell'archeologia: sono quelli che visitando un sito, con il percorso ben segnato sotto i piedi e pannelli didattici intorno, inquieti cercano sempre una via di fuga verso un angolo nascosto, non segnato nella mappa, un muro che gli permetta di sentirsi come Shelley o Goethe davanti alla visione di rovine ancora non imbrigliate nella spirale asettica della conservazione.
Quelli che avrebbero trovato meraviglioso trovarsi a fianco dei soldati di Federico Barbarossa durante l'occupazione di Roma del 1155, che descrissero il Colosseo come un luogo grandioso e decadente, abitato da serpi verdi e rospi neri, con l'aria intossicata dal respiro dei draghi e pecore al pascolo. Ma nel 2010 la cronaca insegna che l'abbandono romantico al fluire dei secoli può provocare più crolli che emozioni. E che l'emozione, invece, può nascere inaspettata da un salvifico contrasto, quello che fra antichità e architettura contemporanea.
Ad aprire la strada a questo genere è stato l'archistar svizzero Peter Zumthor, che a metà degli anni Ottanta iniziò a far girare il suo nome (arriverà al Pritzker Prize nel 2009) proprio grazie al progetto di copertura degli scavi di Coira, insediamento romano del IV-I secolo a.C.: tre cubi di legno che sembrano chalet postmoderni, geometrici e rilucenti di dettagli metallici, compatti all'esterno quanto permeabili di luce all'interno, uniti fra loro da percorsi strettissimi che ricordano anfratti metropolitani. Il privilegio di costruire sopra un sito, ancora piuttosto raro per gli architetti, è toccato anche a Bernard Tschumi, che ha firmato con Michael Photiadis il nuovo Museo dell'Acropoli di Atene, inaugurato nel 2009: tre piani che si ergono come delicate palafitte di cemento e cristallo sopra gli scavi dell'antica città, visibili attraverso pavimenti trasparenti, come le pareti della sala dei fregi del Partenone, che regalano visioni dell'Acropoli pura contro il cielo greco.
Soddisfatto di aver finito un progetto che era stato pensato addirittura nel 1976 da Kostantinos Karamanlis, Tschumi ora sta lavorando al Museo di Alesia, in Francia, una sorta di fortificazione circolare di legno con giardino pensile costruita proprio nella piana dove Giulio Cesare sconfisse i Galli nel 52 a.C. Il progetto più ambizioso, però, è quello che riguarda il sito di Stonehenge, per il quale è stato approvato un nuovo centro visitatori da 25 milioni di sterline firmato dallo studio Denton Corker Marshall, celebre anche per i suoi business hotel in Asia: un edificio anch'esso di vetro e legno (si garantisce anche la sua sostenibilità), dal profilo aerodinamico, dal quale a partire dall'anno olimpionico 2012 si accederà al circolo megalitico. Nulla da temere per gli appassionati di riti druidici: il progetto è stato selezionato perché toglie via incrostazioni da archeologia «mordi-e-fuggi» come il grande parcheggio per gli autobus, e lascia lo sguardo libero di vagare fra le campagne del Whiltshire.