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Cultura-Domenica Archivio

Manuale di economia culturale per scrittori e affini

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2010 alle ore 15:06.

Per chi si è formato in tutt'altre epoche, invece dei "supplementi letterari" c'erano le riviste: Il Mondo, L'Espresso, Tempo Presente, Paragone (arte e letteratura), il verri, Il Caffè. E soprattutto, mentre uscivano libri epocali in qualunque mese – e basta controllare, negli anni Cinquanta e Sessanta – neanche uno sfuggiva agli eccellenti critici periodici quali Emilio Cecchi e Paolo Milano. Mentre Nicola Chiaromonte e Giorgio Vigolo e Sandro De Feo e Massimo Mila e Fedele D'Amico puntualmente svolgevano ampi e "interattivi" discorsi critici sulle novità musicali e teatrali, correlate ai più significativi eventi della cultura tradizionale grande o piccola. Per le recensioni cinematografiche, solo la professionalità inesorabile di Alberto Moravia riusciva a far fronte a seratine mediocri quando mancavano gli eccelsi Fellini o Antonioni o Visconti.

Un "mercato" molto diverso dall'attuale, evidentemente. Frugale ma regolare nei pagamenti, a eccezione dei contributi gratuiti alle riviste "prestigiose" (nel loro piccolo) poiché lette da tutta una gioventù. E che noia, per i quotidiani mirati sulla media borghesia o sui recinti partitici, prima delle differenziazioni analoghe ai reparti dei grandi magazzini.

Non esistevano certamente ancora gli uffici-stampa di autori ed editori che bombardano le redazioni e i siti con offerte e richieste e preghiere e sconti. Né trattative e transazioni dietro ogni innumerevole lectio magistralis pubblicata come "anticipazione" di un testo universitario o liceale magari noiosissimo. Chi paga, lì, e chi viene pagato?
Così attualmente c'è chi si interroga, constatando che tutti gli attori e suonatori e direttori e cantanti si fanno un gran vanto per qualunque episodico show gratuito, in calendari fitti di eventi negoziati dalle agenzie. E continuano ad agitarsi contro i tagli delle risorse per la cultura e ogni riduzione dei propri compensi. Fuori da ogni "mercato".
Mentre i letterati risultano l'unica "categoria" favorevole per le richieste di prestazioni gratuite: prolusioni, prefazioni, postfazioni, presentazioni, performances orali o scritte in qualità di "ospite", con disponibilità per 0gni tempo libero.

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Tags Correlati: Alberto Moravia | Economia | Federico Zeri | Giorgio Vigolo | Massimo Mila | Nicola Chiaromonte | Paolo Milano | Sandro De Feo | Università degli studi di Bologna

 

Ma perché? Vanità e sicumera per qualunque apparizione o promozione di immagine del Sè, anche fra quattro gatti e senza influenze sull'eventuale vendita di alcune copie? Esibizione e sfrutta-mento di "titoli" per le cattedre e carriere scolastiche?... E come mai nessun'altra categoria di lavoratori e artigiani si adatta alle prestazioni gratis che hanno come effetto richieste ulteriori di prestazioni altrettanto gratis?

Chissà se repetita iuvant, poi. La lingua batte? Ecco però un buon tema per un supplemento letterario, e i relativi dibattiti. Si viene ogni giorno bersagliati, ripetiamo, da svergognate richieste di lavoro gratuito. Per sistema e abitudine. Senza riguardi per la tarda età. E senza l'ovvia motivazione dei tagli alla cultura, per cui anche i vecchi politici si fanno fotografare perché salgono ridenti sulle scalette dei tetti. Senza neanche uno straccio di proposte pratiche, per i ricercatori e i dottorandi e i precari. E nessun riguardo per i poveri Beni culturali, da parte di chi in futuro magari farebbe i concorsi per gestirli.
Ma allora, perché fingere di stupirsi, per secoli e secoli, quando i più o meno "prestigiosi" Organi Stranieri normalmente e abitudinariamente continuano a descriverci come un paese da Commedia dell'Arte, con Pantaloni e Pulcinelli e Maccheroni e Anomalie etniche, antropologiche, costituzionali e istituzionali?

«Con questa musica – che manda in estasi – soli stretti stretti – danzeremo sopra i tetti – con ardor – senza timor», era una canzonetta molto popolare alla radio, prima dei coprifuochi, degli oscuramenti, dei bombardamenti... Ma un buon supplemento letterario potrebbe forse paragonare le lauree honoris causa attribuite ai letterati, a quelle conferite a cantanti, comici, sportivi... Attribuita a un grande erudito quale Federico Zeri – che non offriva certo rock gratuito alle masse studentesche – certamente quella laurea ad honorem lo convinse a lasciare il suo ingente patrimonio artistico all'Università di Bologna, invece di venderlo.

Circa l'abbondanza di manifestazioni, infine, potrei rammentare l'esperienza personale a un "evento" di portata nazionale per lettori di libri. In un teatro strapieno e gratuito, il pubblico si divertì molto. All'uscita, però, nessuna copia dei miei libri in mostra venne acquistata. Succede anche dopo una recita di Pirandello o Shakespeare, si commentò. Ma mi stupii quando alla fine comparvero anziani con dei miei vecchi libri da firmare. Si capì presto: nella fiera lì attorno c'erano bancarelle di libri usati. Con la firma dell'autore, si vendevano con un piccolo sovraprezzo. (In seguito, mi fu rimborsato il biglietto del treno dal più vicino capoluogo; dove peraltro ero arrivato in aereo. La pizza, invece, fu offerta da amici).
Allora, insomma, auguri!

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