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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2010 alle ore 10:10.
Perché Wagner, perché Walkiria, perché questa Walkiria? Riguardo al dubbio se Wagner sia "da Scala", non ebbe dubbi Arturo Toscanini: la prima opera che diresse qui, il 26 dicembre del 1898, fu I maestri cantori di Norimberga. L'anno dopo, Sigfrido. Nel 1900, Lohengrin e Tristano. Nel 1901, La Walkiria. E quando tornò nel 1907, per eseguire Tristano e Isotta e Il Crepuscolo degli dèi, plasmò la buca d'orchestra secondo il modello wagneriano di Bayreuth, com'è oggi. A chi vedeva nella trasformazione del golfo mistico una «azione crudele»,una«germanizzazione», rispose dirigendo ancora Wagner, alla Scala, al Metropolitan, poi a Salisburgo e a Bayreuth.
Perché Die Walküre? La risposta è nella Tetralogia che la Scala ha avviato in vista dell'anno wagneriano del 2013: un grande teatro deve a intervalli regolari confrontarsi con questa cattedrale del teatro in musica, opera gigantesca in quattro parti che mette alla prova ogni attitudine e capacità. Perché questa Walkiria, con questo sguardo registico fortemente influenzato dai molti linguaggi di oggi?
L'origine della risposta sta ancora in Wagner e nel suo immaginario proiettato verso un futuro molto lontano a venire. La sua idea di «Gesamtkunstwerk», che concepiva il teatro musicale come concorso di ogni elemento visivo disponibile, oltre ogni limite, è la premonizione del nostro tempo. Il mondo cambia attorno a noi e in noi, anche se a molti suoi aspetti opponiamo resistenza. Internet, ci piaccia o no, c'è.
Più che rifiutare dobbiamo domare la realtà per avvicinarla a noi. Il no è spesso un'arma spuntata. I riferimenti del passato sono cibo per nutrire il presente, non per tornare a un passato che non ha più motivazioni storiche per esistere. Il mondo cambia e questo cambiamento è riflesso nello sguardo di registi che sentono nella diversità una definizione del mondo e usano tutti i mezzi di espressione che il nostro tempo ha sviluppato, e che sono parte integrante di noi. Credo che il teatro abbia questa responsabilità verso il pubblico: rappresentare anche in scena il mondo che cambia.E l'immaginario wagneriano è lo spazio ideale.
Stéphane Lissner è sovrintendente e direttore artistico della Scala