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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2010 alle ore 17:14.
La Chiesa cattolica, il fascismo e la guerra d'Etiopia del 1935-36: una storia fatta di parole e di silenzi, di discorsi scritti e non pubblicati, molti dei quali recuperati, dopo l'apertura nel 2006 dell'Archivio Segreto Vaticano, da Lucia Ceci, docente all'Università di Roma Tor Vergata, autrice del libro "Il Papa non deve parlare" (edito da Laterza). Lo scenario di fondo è quello di un evento che coinvolse centinaia di migliaia di persone in Italia e provocò più di 300mila morti etiopici.
La condanna della guerra di Etiopia da parte di Pio XI
L'intervento più netto di condanna della guerra in Etiopia fu pronunciato da Pio XI sul finire dell'agosto 1935, giusto un mese prima dell'inizio delle ostilità. In quei giorni erano riunite a congresso a Roma duemila infermiere cattoliche provenienti da più di venti nazioni: il Papa le ricevette in udienza il 27 agosto a Castelgandolfo. Terminata la parte ufficiale del discorso e dopo avere loro impartito la benedizione apostolica, Pio XI riprese la parola facendo dei precisi riferimenti alla situazione politica internazionale. Come risulta dal testo stenografico, rinvenuto nell'Archivio Segreto Vaticano, il Papa definì «una guerra ingiusta» l'aggressione italiana contro l'Etiopia, rincarando la dose con aggettivi come «lugubre», «indicibilmente orribile». Quindi una condanna totale e senza attenuanti, commenta nella prefazione del libro Angelo Del Boca, ben noto per i suoi studi sul colonialismo italiano in Africa. La notizia che Pio XI si era pronunciato contro la guerra, pur riportata dalle agenzie di stampa internazionali, non emerge invece dal testo del discorso pubblicato dall'Osservatore Romano in francese il 29 agosto e in italiano il 1° settembre, che si prestava a interpretazioni contrapposte (e ovviamente il Papa aveva accettato le modifiche introdotte).
Le ire di Mussolini
Nonostante i rimaneggiamenti, il discorso fece andare su tutte le furie Mussolini, che si affrettò a inviare in Vaticano un "Promemoria" in vista dell'udienza papale con 15mila reduci cattolici il 7 settembre, per evitare che le parole di Pio XI potessero «prestarsi al gioco dei nemici dell'Italia (...) e turbare i rapporti fra Stato italiano e Santa Sede». La minaccia del duce sortì l'effetto voluto: il discorso ai reduci, infatti, faceva ampie concessioni alla politica coloniale del regime e non condannava più la guerra contro l'Etiopia.