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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2010 alle ore 17:00.
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Benvenuti nel mondo dove il multitasking e l'overload informativo stanno rimappando la nostra attenzione e il nostro cervello: benvenuti nel mondo contemporaneo.
Un paio di anni fa, Nicholas Carr pubblicò sull'Atlantic un saggio destinato a fare il giro del mondo: Is Google Making Us Stupid? L'idea base era che l'edificio dell'entusiasmo per il web 2.0 fosse eretto sotto fondamenta molto fragili. L'incredibile rapidità con cui possiamo recuperare informazioni, unita alla "febbre da click" che internet comporta, non aiuterebbe affatto il nostro apparato cognitivo — l'esatto opposto. Questo spunto è stato sviluppato dal saggista americano in un lavoro recente: The Shallows.
Crisi dell'attenzione, difficoltà di lettura, mutamento radicale del rapporto con il testo e l'approfondimento: questi i temi sul banco. Carr porta ad esempio alcuni studi neurologici (quelli di Marianne Wolff su tutti) per mostrare come, sottoposto allo stress delle troppe informazioni, il nostro cervello stia letteralmente mutando.
La plasticità tipica delle aree cerebrali è infatti influenzata in modo determinante dall'uso sempre più spinto delle tecnologie e dal desiderio di eterna connessione. In questo senso, la pioggia di email che riceviamo e il continuo switch da una fonte informativa all'altra, unite all'etica della rapidità e del consumo, sono dei killer per la nostra capacità di concentrazione. E dunque, di autentica riflessione.
Lungo le linee di Carr si muove anche La libertà ritrovata, un bel volume di Frank Schirrmacher. L'autore mostra i pericoli che la lettura online e l'abuso tecnologico sollevano per il nostro io: in particolare, si concentra sulle conseguenze nefaste del multitasking, fino a considerarlo una vera e propria malattia. La simultaneità delle informazioni non porta a niente di buono in termini di efficienza e comprensione: anzi. Più fronti digitali apriamo, e meno la nostra mente ci si raccapezza.