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Io sono l'amore: Guadagnino selezionato per la prestigiosa statuetta. Il film lo merita

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2010 alle ore 14:30.

Potremmo affermare che l'avevamo detto. In base ai successi all'estero, alla presenza di Tilda Swinton, alla bellezza di un film italiano bellissimo e diverso, ma allo stesso tempo inseribile in una tradizione viscontiana che affascina chi vuol dare delle etichette, abbiamo sempre trovato «Io sono l'amore» un ottimo candidato per l'Italia all'Oscar. E proprio per questo, ora che Luca Guadagnino si vede tra i nominati per il prestigioso Golden Globe - spesso, ma non sempre, ottimo viatico alla statuetta più famosa - un po' di rammarico sale.

Le nomination
E augurandoci che il cineasta palermitano possa alzare al cielo questo trofeo - anche se gli avversari sono ostici: il tris Bier, Inarriut, Mihaileanu non scherza - cerchiamo di analizzare l'annuncio delle nomination dei premi assegnati dall'HFPA, l'Hollywood Foreign Press Association. E facciamolo con una certa lucidità. Tra i nomi annunciati da Katie Holmes, Blair Underwood e Josh Duhamel il 14 dicembre (la premiazione avverrà il 16 gennaio) qualche perplessità c'è. Per dirne qualcuna, come si fa a dare una doppia nomination per la sezione musical e commedie (ai Globe il miglior film ha due categorie: dramma e commedie) alle due peggiori interpretazioni della carriera di Johnny Depp? «Alice in Wonderland e «The tourist» sembrano due scherzi di cattivo gusto e l'eccellente attore qui è nominato addirittura per entrambi. E Michael Douglas come attore non protagonista di«Wall Street. Il denaro non dorme mai» non è che faccia un effetto migliore: la sua grande performance da mattatore non è certo accessoria a quella di Shia LeBoeuf. Ma far le pulci a un premio rimane un'occupazione oziosa: a memoria d'uomo le nomination sono come le convocazioni della nazionale. Sempre sbagliate.

Un solo premio per il resto del mondo
È che solo nell'ottica tutta italiana del tifo sfegatato il successo di «Io sono l'amore» - uno dei più bei film degli ultimi anni - può essere contrapposto alla presentazione come rappresentante italiano all'Oscar de «La prima cosa bella», altro gioiello, forse l'opera migliore di Paolo Virzì. Solo la coloniale visione statunitense di un solo riconoscimento per il «resto del mondo» può ammettere che una cinematografia comunque ancora ricca come quella italiana possa essere costretta a presentare un solo lungometraggio. Persino il calcio, in questo ha più buon senso: alcune nazioni in Champions League possono qualificare tre o quattro squadre.

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Tags Correlati: Black | Blair Underwood | Cinema | Hollywood Foreign Press Association | Italia | Johnny Depp | Josh Duhamel | Katie Holmes | Luca Guadagnino | Mark Wahlberg | Paolo Virzì | The social network | Tim Hooper | Wall Street

 

Il terzo possibile
Ai due poteva anche aggiungersi «L'uomo che verrà». Secondo il grande Morando Morandini il film più bello dell'anno, secondo la commissione mista che ha scelto Virzì, l'avversario sconfitto del regista livornese. Allora prevalse una considerazione anche utilitaristica, il presentare un cinema che gli americani potessero (ri)conoscere come italiano, figlio di una tradizione antica da riscoprire. In fondo «Gomorra» fu punito - oltre che per un sistema di visioni e votazioni totalmente diverso e delirante rispetto a tutte le altre categorie - perché disorientò molti votanti. In questi casi l'assente ha sempre ragione: Il Divo quell'anno, almeno per chi scrive, meritava di più, ma, e la sua impostazione tra Elio Petri e... Tarantino, avrebbe aiutato. Ma, forse, la fine sarebbe stata simile.

Tra Virzì e Guadagnino non era giusto scegliere
Contano i contenuti e la qualità, ma anche le persone e le campagne elettorali, come insegnano «Il postino» e «La vita è bella», in negativo e in positivo: di sicuro per questo successo di Guadagnino hanno contato i buoni risultati nei paesi anglofoni, una distribuzione non pesante, ma pensante, la presenza tra i membri italiani dell'HFPA di una sua grande estimatrice, Silvia Bizio (gli altri membri tricolori sono Luca Celada, Armando Gallo, Elisa Leonelli, Lorenzo Soria e Alessandra Venezia), che probabilmente avrà lottato per l'inserimento in lizza del suo capolavoro. Semplicemente, non era giusto scegliere: Virzì e Guadagnino hanno fatto un cinema diversissimo e bellissimo, sono due facce della nostra medaglia, meritavano di giocarsela fino alla fine, tra loro e contro gli altri. E chissà che «Io sono l'amore» non rientri, almeno per qualche premio minore, dalla porta principale nella notte degli Oscar. Una speranza piccola, improbabile, ma ancora viva. E allora tifiamo Guadagnino al Golden Globe e Virzì all'Academy. Perché il cinema italiano, mortificato da politici che lo umiliano costantemente, a fatti e parole, ha bisogno di successi, affermazioni internazionali.

Tim Hooper il trionfatore
Uscendo fuori dai nostri confini, comunque, il vero trionfatore di questa giornata, è Tom Hooper. Suo «The king's speech», su un re d'Inghilterra balbuziente, una sorpresa le sue 7 nomination. Così come «The fighter», con sei: film sul pugilato dalla produzione tormentatissima, protagonisti Mark Wahlberg (candidato anche lui) e Christian Bale. Al secondo posto, a pari merito, il nostro favorito: «The social network», di David Fincher, che dovrebbe veder trionfare, di sicuro, un mostruoso Jesse Eisenberg. «Black Swan» di Darren Aronofsky con 4 candidature sembra l'outsider più pericoloso. E Natalie Portman una possibile e meritevole migliore attrice.

Fra un mese il vincitore
Ma c'è ancora un mese per capire chi vincerà. Noi ci limitiamo a dare un caloroso in bocca al lupo a Luca Guadagnino - in Italia «Io sono l'amore» l'hanno visto in pochissimi, purtroppo, a causa di una distribuzione limitata e nonostante una notevole media per sala - e a suggerire ai giurati di premiare, per le miniserie televisive uno tra «The Pacific» (prodotto, tra gli altri da Steven Spielberg e Tom Hanks, in Italia ora in uno splendido cofanetto dvd) e «Carlos»di Olivier Assayas. Due eccezionali esperienze (tele)visive.

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